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iam veduto nominarsi da Plinio, in qual maniera fossero essi formati, veggasi presso il Pitisco115, l’Arnay116, gli Enciclopedisti117, e singolarmente nell’erudita Dissertazione dell’Abate Sallier sopra gli Orologi degli Antichi118. Sul qual proposito veggansi ancora due Dissertazioni, una del celebre P. Boscovich, l’altra del P. Zuzzeri, amendue Gesuiti, stampate quella nel Giornale di Roma l’anno 1746, questa nello stesso anno in Venezia119 .

XXXI. Agli Scrittori di Filosofia in questo Capo ricordati voglionsi aggiugnere quattro

Scrittori d’Agricoltura, che vissero sulla fine del secol d’Augusto, e che dall’eruditissimo Consiglier Bianconi, di cui diremo più sotto, ci sono stati indicati120. Essi sono Cajo Giulio Igino Bibliotecario d’Augusto, di cui in altri luoghi si è detto, e che avea scritto fralle altre cose un trattato delle Api e degli Alveari, Giulio Attico amico di Ovidio, e molto lodato da Columella, il quale due libri avea pubblicati sulla coltura delle Viti, Pomponio Grecino, che un altro trattato avea scritto sullo stesso argomento, e Celso Scrittore egli pure d’Agricoltura, il quale a giudizio del detto Autore non dee distinguersi dallo Scrittore di Medicina. 190 Note

1

Plutarch. in Vit. Luc.

2

T. II p. 16 &c.

3

T. I p. 798, t. II p. 19 & 60.

4

Diction. Art. Andronic de Rhod. & Art. Tyrannion.

5

Topic. n. 1

6

De Divin. lib. I n. 25.

7

Tusculan. Qu. lib. I n. 10.

8

Ep. Fam. l. XIII ep. I.

9

Acad. Qu. l. IV n. 36.

10 De Cl. Orat. n. 91. 11 Tusc. Qu. lib. II n. 25. Possidonio natio di Apamea nella Siria fu uno de’ più dotti Filosofi e de’ più ingegnosi Astronomi, che a que’ tempi vivessero in Roma, ove egli ebbe lungamente soggiorno, e ove propagò non poco lo studio della buona Filosofia. Intorno alle opinioni singolarmente Astronomiche di esso veggansi le diligenti osservazioni di M. Bailly (Hist. de l’Astron. Mod. T. I p. 118 &c., 164 &c.). 12 Tusc. Qu. lib. I n. 3. 13 Acad. Qu. l. I n. 3. 14 Ibid. 15 De Nat. Deor. l. II n. 54. 16 Acad. Qu. l. IV n. 41. 17 Loc. cit. n. 42. 18 De Finib. l. II c. 14. 19 Tuscul. Qu. l. I n. 9. 20 Orat. n. 71. 21 L. III contra Academ. 22 V. Middleton Vit. di Cic. ad an. 696. 23 Instit. l. VI c. VIII. 24 De leg. l. I n. 8. 25 Instit. l. I c. V. 26 Fra i passi, i quali ci mostrano, che Cicerone, quando parlava seriamente, e secondo i sinceri sentimenti dell’animo suo, seguiva i principj di una vera e ragionevole Filosofia, si può ancora recar quello, ove dice: Nam mihi cum multa eximia divinaque videantur Athenæ tuæ peperisse, atque in vita hominum attulisse, tum nihil melius illis mysteriis, quibus ex agresti immanique vita exculti ad humanitatem & mitigati sumus, initiaque, ut appellantur, ita revera principia vitæ cognovimus, neque solum cum lætitia vivendi rationem accepimus, sed etiam cum spe meliore moriendi (De Legib. lib. II c. XIV). 27 In Actis Academ. Elect. Mogunt. Vol. II p. 458 &c. 28 Art. Ame. 29 V. Act. Erud. Lips. 1727 p. 48. 30 § XXVII. 31 Confess. lib. III cap. IV & Proœm. de Vita Beata. 32 Epist. Senil. l. XVI ep. I. 33 Ad calcem Rerum Germanicarum. 34 Bibl. lat. t. I p. 143 edit Ven. 35 Comment. in Epist. ad Att. lib. XV ep. XXVII. 36 Loc. cit. 37 Scritt. Ital. in Elogio Alcion. 38 V. Foscarini Letter. Venez. p. 245. 39 V. Mazzuch. loc. cit. & Pier Valerian. de Infelic. Litterat. 40 V. Valerian. ibid. 41 Lib. VIII Epist. I. 42 Præf. ad Analect. de Cal. Liter. 43 Bibl. Chois. t. XIV p. 120. 44 T. III p. 26. 45 V. Ep. Cl. German. ad Maliab. t. I p. 165. 46 pag. 278. 47 An. 1685 Juin p. 604. 48 pag. 168. 49 L. I p. 70. 50 T. III p. 163 edit. Paris. 1715. 191

51 Loc. cit. 52 Dopo aver favellato delle contese nate pe’ libri de Gloria, e de Consolatione di Cicerone, potevasi aggiugnere alcuna cosa delle Lettere di Cicerone e di Marco Bruto, sulle quali pure si è disputato assai, se debbano o no aversi in conto di vere, oppur di supposte. Ma il celebre Middleton mi ha in ciò prevenuto colla bella Dissertazione aggiunta alla sua vita di Cicerone, in cui felicemente ribatte le ragioni tutte allegate fra gli altri dal Tunstall a provarle finte, e reca evidenti ragioni a mostrarle sincere. Presso lui dunque si potrà leggere tutto ciò che appartiene a tale argomento. 53 Io debbo ora su questo punto cambiar sentimento, e confessare, che il libro de Consolatione fu veramente un’innocente impostura o dello stesso Sigonio, o del suo amico Vianelli. Presso il Sig. Marchese Lodovico Coccapani conservansi qui in Modena molte lettere originali del Sigonio a Cammillo Coccapani uomo assai dotto di quell’età, e di lui amicissimo. Or in una de’ 12 di Novembre del 1582, così gli scrive: Ella dimandi alla Signora Tarquinia (Molza), se ha havuto una mia lettera con un mio libro de Consolatione, il quale scrivea ch’Ella mostrasse a V. S., il parere della quale desidero intorno a quello. Questa lettera, che è tutta di man del Sigonio da me ben conosciuta, e che fu scritta un anno prima che l’operetta de consolatione si pubblicasse sotto il nome di Cicerone, non ci lascia più dubitare, che il Sigonio non avesse veramente scritto un libro su questo argomento; e distrugge la contraria testimonianza di Antonio Gigante da me recata nella Biblioteca Modenese (T. V p. 107). E forse il Sigonio l’avea scritta per pubblicarla come opera sua; ma stimolato poi dagli amici, a’ quali parve, ch’egli avesse imitato perfettamente lo stile di Cicerone, determinossi a tentare la sorte, e a vedere, se venivagli fatto d’ingannar gli eruditi. E quando poi si vide impegnato l’affare, non gli parve più convenevole il dare addietro, e sostenne esser veramente quella opera di Cicerone. Un nuovo dubbio potrebbe forse destarsi contro di ciò da un picciol Codice in pergamena, che trovasi in Bergamo presso l’ornatissimo Sig. Conte Giuseppe Beltramelli, il quale ha voluto gentilmente trasmettermelo, perché

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con più agio il vedessi. Contiene esso l’Opuscolo de Consolatione sotto il nome di Cicerone, ma imperfetto, e con parecchie lacune singolarmente nelle ultime pagine, e il carattere, in cui è scritto, può a prima vista sorprendere ed ingannare. Ma a me non pare, che un’attenta riflessione sopra di esso scuopra e renda indubitabile l’impostura; e che esso sia il carattere di chi vuol contraffare l’antico; ma non è abbastanza abile per tale inganno. Le lacune vi furono forse poste con arte per render più verisimile l’antichità del Codice; e io penso, che nel caldo della contesa allor nata taluno volesse con ciò accrescere autorità all’opinione di chi riconosceva come opera di Tullio quel picciol trattato. E forse vedendo poscia, che non era troppo felice nell’esecuzione del suo disegno, desisté dal lavoro e lasciollo imperfetto. 54 De Civ. Dei lib. V c. III. 55 Diction. Art. Nigidius Rem. G. 56 T. II p. 24. 57 L. IV Famil. ep. XIII. 58 L. X c. XI & l. XI c. XI. 59 L. XIX c. XIV. 60 L. XIX c. XIV. 61 T. II p. 25. 62 L. XLV init. 63 In Aug. c. XCIV. 64 In Apologia. 65 Pharsal. l. I v. 639 &c. 66 Loc. cit. 67 Loc. cit. 68 V. Bayle & Brucker. loc. cit.; Fabric. Bibl. Lat. t. I p. 241 Edit. Ven. 69 Hist. de l’Acad. des Inscript. t. 29 p. 190. 70 Lib. I c. III. 71 Suppl. ad Liv. l. LXXX c. XXVII. 72 De Divin. l. II n. 47. 73 Dio l. XLIX. 74 Id. l. LVI. 75 Senec. Ep. XCVIII. 76 Loc. cit. 77 L. XVIII c. XXVIII. 78 Lib. Quomodo sentias te proficere. 79 Epist. LXIV. 80 Nat. Qæst. l. VII c. XXXII. 81 Plut. loc. cit. 82 Retractat. l. II c. XLII. 83 Hist. Phil. t. II p. 90 &c. 84 Acad. Qu. l. I n. 3. 85 T. II p. 29. 86 L. XIII ad Att. ep. XXI, XXII; l. XV ep. I; l. XIII ad Famil. ep. LXXII. 87 L. XLVI. 192

88 De Cl. Orat. n. 47. 89 De Offic. l. I n. 6. 90 Bibl. lat. t. I p. 26. 91 Alle lodi di Varrone deesi aggiugnere ciò, che ha osservato M. Bailly, recandone la testimonianza di Censorino, ch’ei fu il primo, che facesse uso delle Ecclissi per regolare la Cronologia (Hist. de l’Astron. Mod. T. I p. 128, 495, ec.). 92 Præf. Commen. in Aristot. de Interpr. 93 Exercitationes secundæ in Vitruv. 94 Verona Illustr. P. II lib. I. 95 Proœm. l. I. 96 Ibid. lib. III. 97 Bibl. Lat. l. I c. XVII. 98 Proœm. l. VII. 99 L. X v. 185 &c. 100 L. I Saturn. c. XVI. 101 Lib. XVIII c. XXVI, XXVII, XXVIII. 102 Antiq. Lat. & Græc. Ep. XLIV. 103 Mathes. lib. II. 104 Intorno a Sosigene e alla riforma del Calendario da Cesare coll’opera di esso introdotta veggasi il poc’anzi citato M. Bailly (L. c. p. 126 ec., 494). 105 L. I Saturn. c. XIV. 106 Il Sig. Landi accenna (T. I p. 340) una recente Opera di M. Guichard da me non veduta, nella quale egli ha preso a provare, che Cesare oltre il solito mese intercalare non aggiunse che quarantacinque giorni. 107 Svet. in Jul. c. XL; Plut. in Cæs.; Plin. l. XVIII c. XXV; Dio l. II Petav. de Doctr. Temp.; Noris Epoch.; Syro Maced.; Blondel Storia del Calend. Rom.; Blanchin. de Calend. & Cyclo Cæs. &c. &c. 108 L. XXVI c. X. 109 Vol. II lib. IX p. 198 &c. 110 Ib. p. 200 &c. 111 L. VII c. LX. 112 De die Natali c. XXIII. 113 Hist. des Math. t. I p. 407, 408. 114 L. III c. III. 115 Lexic. Antiq. Rom. ad V. Clepsydra. 116 Vie privée des Rom. chap. I. 117 Art. Clepsidre & Art. Horloge. 118 Mem. de l’Acad. des Inscr. t. IV p. 148. 119 Tra gli Orologi, ch’erano in uso presso gli antichi, merita particolar menzione quello assai ingegnoso, che descrivesi da Vitruvio (L. IX c. IX). A me basta il qui accennarlo, perché non sappiamo, se l’invenzion di esso si debba a Vitruvio, o ad altro Romano, o se sia esso pure invenzione di qualche Greco. 120 Lettere Celsiane p. 160 &c. Errore: Il tag pages non può essere utilizzato nei namespace Pagina: e Indice:


Capo V – Medicina

I. Dello studio di quest’arte nulla abbiam detto finora, perché nell’epoche precedenti assai

poca materia ci avrebbe esso somministrato a ragionarne. A questo luogo dunque uniremo tutto ciò, che ad esso appartiene; e noi potremo spedircene