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Manuzio, e non Monachorum, come ha letto il Fabricio) parmi troppo ridicolo ed improbabile; e molto più che non dicesi precisamente, qual fosse il Monastero.
XIV. Queste ragioni hanno determinato molti de’ moderni Scrittori a difendere l’Alcionio da
tale accusa; e si può vedere, quanto su ciò hanno scritto il Menckenio42, Giovanni le Clerc43, gli autori del Giornale d’Italia44, ed altri. Due lettere su questo argomento aveva scritte il celebre Magliabecchi al Menckenio, le quali molti lumi ci avrebbono somministrato; ma esse giunsero al Menckenio, quando già il citato suo libro era uscito alla luce45; né poi sono state, ch’io sappia, date alle stampe. Il Fabricio cita una lettera intorno a questo punto del Magliabecchi, come stampata negli Atti di Lipsia dell’anno 1707, ma io non vi ho potuto trovare, che la notizia di queste lettere stesse, con un brevissimo cenno di ciò, che vi si conteneva46. Ancorché nondimeno ci mancassero tutte queste ragioni, io credo, che la sola lettura dell’opera dell’Alcionio possa bastare a difenderlo 181 da questa taccia. Io ho voluto leggerla interamente, e confesso, che non so intendere, come siasi potuta dare all’Alcionio sì fatta accusa. Perciocché o pretendesi, che egli tutta l’opera di Cicerone, o una gran parte di essa, abbia nella sua incorporata e trasfusa, o che solo qualche picciol frammento ne abbia qua e là inserito. Quanto al primo, io sfido chiunque ha letta l’opera dell’Alcionio, a dire, se ciò possa affermarsi colla menoma apparenza di probabilità. L’opera di Cicerone intorno alla Gloria altro non doveva essere certamente, che un Trattato di ciò, in che essa consista, de’ mezzi per conseguirla, de’ vantaggi, che se ne traggono, e d’altri sentimenti di tal natura. Or che ha ciò che fare coll’opera dell’Alcionio, in cui di null’altro si tratta che dell’esilio, e si mostra, che esso e gli effetti, che l’accompagnano, non sono così gravosi e molesti, come volgarmente si crede? Se si parla degli onori, ciò non è che a mostrarne la vanità, e a spiegare, come l’uom possa agevolmente viverne lungi, di che diverso certamente dovea essere il sentime