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quale a Virgilio ancora, ad Orazio e ad Ovidio tra’ Filosofi ha dato luogo. Io de’ Poeti non parlerò a questo passo, perché parmi troppo difficile l’accertare, di qual parere essi fossero nelle Quistion Filosofiche, essi, dico, che più dall’estro poetico che dalla forza della ragione si lasciano trasportare, e spesso contraddicono in un luogo a ciò, che in un altro hanno asserito. Osserverò solamente, che abbian fatto i Romani a vantaggio della Filosofia, e chi tra essi abbiala co’ suoi scritti illustrata.
II. E primieramente al fervor de’ Romani nell’applicarsi allo studio della Filosofia noi
dobbiamo la pubblicazione de’ libri di Aristotile, che per lungo tempo erano stati nascosti, e per così dire sepolti. Non vi è forse Autore, i cui libri siano stati a tante vicende soggetti, come Aristotele. Egli morendo gli affidò a Teofrasto suo discepolo e successore. Questi a un certo Neleo di Scepsi Città della Troade, il quale portatigli insieme con que’ di Teofrasto alla sua patria lasciolli a’ suoi eredi, uomini, che di lettere e di libri erano affatto digiuni. Quindi crederono essi di averli ben conservati, lasciandogli ammucchiati insieme alla rinfusa; anzi avendo udito, che il Re di Pergamo a grandi spese raccoglieva de’ libri per formarne una magnifica Biblioteca, e pensando, che sventura peggiore avvenir non potesse a que’ libri, che di cader nelle mani del Re, ed essere esposti alla pubblica luce, con pazzo consiglio gli ascosero in una sotterranea ed umida grotta, ove è facile a conghietturare qual danno ne soffrissero nello spazio di 130 anni, in cui vi stetter sepolti. 175 Finalmente trattini fuora guasti e malconci com’erano furon venduti a un cotale Apellicone Tejo, che avea raccolta numerosa Biblioteca in Atene. Questi avea buon gusto, quanto bastava a conoscerne il pregio, ma non tanto sapere, quanto convenuto sarebbe per intenderne pienamente il senso, ove i caratteri eran corrosi, e supplirne il testo, ove esso dall’umidità, da’ sorci, e da altri somiglianti nemici della letteratura era stato lacerato e guasto. Si accinse nondimeno all’impresa, e quel riuscimento vi ebbe, che era da aspettarne. Al danno, che i Codici sofferto aveano nello squallor della carcere, si aggiunsero gli errori e le cose finte a capriccio, di cui Apellicone gli riempié. Morì Apellicone, e poco dopo presa Atene da Silla, fralle spoglie, che il vincitore giudicò degne d’essere trasportate a Roma, vi fu singolarmente la Biblioteca d’Apellicone e con essa tutti gli scritti di Aristotile e di Teofras