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nza più oltre trattenerci intorno ad essi, passeremo a parlare di tre Scrittori, de’ quali, se non tutti, alcuni almeno de’ loro libri ci son pervenuti, cioè di Cesare, di Sallustio, e di Cornelio Nipote15 .

III. Io parlo a questo luogo di C. Giulio Cesare, perché le sue opere Storiche sono le sole,

che ci siano rimaste; ma egli potrebbe a ragione essere annoverato tra’ coltivatori di qualunque siasi scienza, poiché in fatti niuna quasi ve n’ebbe, a cui egli felicemente non si applicasse. Egli fu certamente uno de’ più grandi, e direi quasi prodigiosi uomini, che mai vivessero. E forse in tutta la Storia non sarebbe alcuno, che con lui si potesse paragonare, se la sua ambizione col renderlo fatale a Roma non ne avesse in gran parte oscurati i meriti. In lui si videro con rarissimo esempio raccolti tutti que’ pregj, che formano un gran Guerriero, un gran Principe, un gran Letterato. Ma noi nol dobbiamo considerare che sotto quest’ultimo aspetto. Non vi fu mai uomo, che dovesse naturalmente esser più rozzo nelle scienze, e a cui minor tempo sopravanzasse per coltivarle. Nell’età giovanile fu costretto a pensare alla sua sicurezza, e a nascondersi or in uno or in altro luogo per sottrarsi al furore di Silla, il quale nella sua proscrizione lo avea compreso. Quindi entrato nella milizia vi fece alcune campagne. Mischiatosi poscia ne’ maneggi della Repubblica con un genio attivo, instancabile, intraprendente, vi salì presto a tale autorità, che ogni cosa regolavasi poco meno che a suo volere. In tutte le civili discordie, in tutti i più importanti affari egli ebbe parte, sempre intento o ad abbattere l’altrui potere, o a formare partiti a suo innalzamento. Le guerre poscia e per ultimo il governo di Roma, di cui per poco non si fece arbitro e sovrano, l’occuparono per tal maniera, che non si vede, qual tempo egli avesse a