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confronto, quanto a sostenere in qualunque modo venisse lor fatto quella opinione, di cui già si erano imbevuti. Ma poco conto è a fare di quelle Dissertazioni, in cui lo spirito di partito anziché l’amore del vero regge la mente e la penna degli Scrittori. Di questo difetto non si può riprendere il P. Rapin nel bellissimo paragone ch’egli ha fatto di questi due grandi Oratori, in cui parmi che abbia giudiziosamente raccolto, quanto si può dire in tale argomento, e in cui, benché non osi decidere, anzi saggiamente pensi non potersi da alcuno decidere, a chi si debba la preferenza, giudica nondimeno, e, per quanto io penso, a ragione, che l’eloquenza di Tullio più che quella di Demostene sia opportuna a persuadere e a convincere il popolo ragionando. Troppo lungo sarebbe l’entrare in questo confronto; né io qui farò altro, che recare il breve ma saggio paragone, che ne fa Quintiliano44 . Oratores vero vel præcipue Latinam eloquentiam parem facere Græcæ possunt. Nam Ciceronem cuicumque eorum fortiter opposuerim. Nec ignoro, qua tam mihi concitem pugnam, cum præsertim id non sit propositi, ut eum Demostheni comparem hoc tempore: neque enim attinet, cum Demosthenem in primis legendum, vel ediscendum potius putem. Quorum ego virtutes plerasque arbitror similes, consilium, ordinem dividendi, præparandi, probandi rationem, omnia denique, quæ sunt inventionis. In eloquendo est aliqua diversitas: densior ille, hic copiosior: ille concludit adstrictius, hic latius: pugnat ille acumine semper, hic frequenter & pondere: illi nihil detrahi potest, huic nihil adjici: curæ plus in illo, in hoc naturæ. Salibus certe & commiseratione (qui duo plurimum affectus valent) vincimus. Et fortasse epilogos illi mos Civitatis abstulerit: sed & nobis illa, quæ Attici mirantur, diversa Latini sermonis ratio minus permiserit.
XV. Io penso, che Quintiliano abbia ristretto in breve, quanto a questo punto appartiene. Nondimeno, se mi è lecito l’aggiugnere qualche cosa, io rifletto, che Demostene usa sempre di un medesimo genere d’eloquenza, forte, conciso, vibrato. Egli è a guisa di fulmine, che scoppia in un momento, ferisce, e passa; non mai a guisa di vasto incendio, che ampiamente si sparge per ogni parte, ed ogni cosa consuma. Ma Cicerone, ben