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230 Storia della Letteratura Italiana.

Roma. Io accennerò solamente alcuni di quelli, che con maggiori encomj celebrati vengono daCicerone.

II. I due famosi Tribuni della plebe Tiberio e Cajo Gracchi sono da lui nominati tra’ più valenti Oratori. E certo il poter, ch’essi ebbero presso la plebe, ne è una troppo chiara ripruova. Del primo, come pure di C. Carbone, dice Tullio3 , che se il loro animo nel ben governar la Repubblica fosse stato uguale all’arte loro Oratoria, niuno avrebbeli superati in onore e in fama. Ma poco tempo ebbe Tiberio Gracco a far pompa della sua Eloquenza, ucciso l’anno 620 di Roma per sospetto di Affettata Tirannia. Del secondo de’ Gracchi, che visse fino all’anno 632, in cui fu ucciso egli pure in una popolar sedizione, grande è l’elogio, che fa Tullio, il quale uomo il chiama4 di rarissimo ingegno, e di grande e continuo studio, e aggiugne, che niuno ebbe maggior copia ed eloquenza di favellare; che grande danno ebbe la Romana letteratura dalla sua morte; che forse niuno avrebbe potuto a lui uguagliarsi nel ragionare, se avesse avuta più lunga vita; che maestoso egli era nell’espressione, ingegnoso ne’ sentimenti, e grave in tutta la dicitura; e che, benché le sue Orazioni non potessero dirsi finite, egli era nondimeno Oratore da proporsi al par di ogn’altro a’ giovani per modello.

III. La menzione, che fatta abbiamo de’ due fratelli Gracchi, ci conduce ad accennar qualche cosa ancora della lor Madre Cornelia, una delle più illustri Matrone, che vivessero in Roma, e che è ben meritevole di aver luogo nella Storia Letteraria di questa Repubblica e pel sapere, di cui ella fu adorna, e per quello, di cui volle adorni i figliuoli. Era ella figlia di Scipione Africano il maggiore. Poiché ebbe perduto il suo marito Tiberio Gracco padre de’ due mentovati Tribuni, invitata alle sue nozze da Tolomeo Re di Egitto ricusonne generosamente le offerte per attendere alla educazione de’ proprj figlj; il che ella fece con tale impegno insieme e con tale splendore, che essendo essi, come dice Plutarco5 , per grandezza di animo a tutti i Romani superiori di assai, sembrava nondimeno, che più ancora li superass