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224 Storia della Letteratura Italiana.

anzi mi pare, che da essa più chiaramente ancor si raccolga, quanto dovessero i Poeti ad Augusto. E’ vero, che Orazio ivi lo esorta ad accogliere amorevolmente que’ Poeti, che amavan meglio di porre sotto l’occhio de’ leggitori le lor Poesie, che di farle rappresentar sul Teatro, ed aggiugne, che in tal maniera avrebbe egli riempita di libri la Biblioteca, che nel Tempio di Apolline aveva eretta, e che nuovo coraggio aggiunto avrebbe a’ Poeti: Verum age, & his, qui se lectori credere malunt, Quam spectatoris fastidia ferre superbi, Curam redde brevem, si munus Apolline dignum Vis complere libris, & vatibus addere calcar, Ut studio majore petant Helicona virentem. Ma da ciò, che siegue, è evidente, che Orazio vuol qui esortare Augusto a favorire non solo gli eccellenti Poeti, come era in uso di fare, ma i mediocri ancora, perché maggior coraggio prendessero a coltivare la Poesia. Dice egli in fatti, che i Poeti talvolta nuocciono a sé medesimi, come allor quando, soggiugne favellando con Augusto, ti offeriamo un libro, mentre in altre cose tu se’ occupato, o stanco dalle pubbliche cure; quando meniam lamenti, perché le poetiche nostre 132 fatiche non son pregiate abbastanza; quando ci lusinghiamo, che appena tu avrai saputo, che noi facciam versi, fattici tosto venire a te, ci ricolmerai di ricchezze. Multa quidem nobis facimus mala sæpe Poetæ, (Ut vineta egomet cædam mea) quum tibi librum Sollicito damus aut fesso... Quum lamentamur non apparere labores Nostros, & tenui deducta Poemata filo: Quum speramus eo rem venturam, ut simul atque Carmina rescieris nos fingere, commodus ultro Accersas, & egere vetes, & scribere cogas. Le quali parole, come chiaramente si vede, son rivolte soltanto a ferire l’importunità di coloro, che pe’ loro versi, qualunque fossero, volevano essere sollevati subito da Augusto ad alto stato. La quale importunità qui descritta da Orazio è un’altra pruova della protezion d’Augusto inverso i Poeti; che importunati non sogliono essere se non que’ Sovrani, presso i quali si conosce per