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200 Storia della Letteratura Italiana.

dare calcoli Astronomici su’ versi de’ Poeti. In primo luogo non è abbastanza certo, che il Consolato d’Irzio e di Pansa cadesse nel 711 e l’opinione ora più ricevuta lo stabilisce nel 710. In oltre si ha egli a credere, e ci può egli assicurare il P. Bonin, che Ovidio vedesse veramente Venere allora, quando altro certo doveva avere pel capo, che osservare i pianeti? A me sembra anzi probabile, ch’egli parli a quel luogo secondo il costume de’ Poeti, che, di qualunque giorno essi parlino, il fanno o torbido o sereno, non com’esso fu veramente, ma come la fantasia o il capriccio lor suggeriscono, e come al loro argomento torna più opportuno. Conchiudiam dunque, che certamente Ovidio fu esiliato verso l’anno 760 di Roma, e in età di presso a 50 anni, ma che non abbiam quanto basta a determinarne l’anno precisamente.

XXXI. Così potessimo a un di presso determinar la cagione di questo esilio. Ma qui è appunto, ove incontrasi la maggiore difficoltà. Ovidio ne parla sempre in aria misteriosa ed oscura, a guisa d’uomo, che vorrebbe pur, ma non osa, chiaramente spiegarsi. Niun Autore a lui coetaneo o posteriore di poco ne fa menzione, e il primo, ch’io sappia, che abbiane qualche cosa accennato, è Sidonio Apollinare autore del quinto secolo, di cui più sotto diremo, e troppo perciò lontano dall’età di Ovidio, per poterci ciecamente affidare alla sua opinione. Perciocché quanto ad Aurelio Vittore, che pur ne ragiona nell’Epitome de vita & moribus Imperatorum, questa vuolsi comunemente opera di autor più recente131. Or come venire in chiaro di una cosa, di cui non vi ha antico monumento, che ci istruisca, anzi di cui pare, che siasi usato ogni sforzo per tenerci al bujo? Quindi non è maraviglia, che i moderni Autori dividendosi in varj pareri qual uno qual altro motivo abbian recato di questo esilio. Sia lecito a me ancora entrare in questa oscura quistione, che troppo bene è connessa coll’argomento, di cui io scrivo. Per procedere con chiarezza esaminerò prima i diversi passi, in cui Ovidio ce ne favella, perciocché alcuni di essi non sono stati ancora bene osservati. Mostrerò in secondo luogo, che niuna delle sentenze finor proposte non si può sostenere a confronto de’(1) V- Eabric. Bibl. Lat. Lib. III. e EL