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Parte III. Libro III. 179


Di suo padre aggiugne ch'ei fu esattor di tributi: perciocchè questo è il senso della voce coactor da lui usata.

Nec timuit, sibi ne vitio quis verteret olim,
Si præco parvas, aut (ut fuit ipse) coactor
Mercedes sequerer.

XIV. Rammenta quindi con sentimento di figliale riconoscenza con quale impegno procurasse suo padre ch'ei fosse e nelle lettere e nelle arti liberali istruito; perciocchè dice che benchè povero esso fosse, non volle nondimeno mandarlo alla scuola di un cotal Flavio, ove Sua educazione e suoi studj. pur molti andavano ancor de' più ragguardevoli ad apprendervi l'arte di conteggiare: ma condusselo a Roma, perchè vi coltivasse gli studj, e che con tale accompagnamento e con tal decoro lo manteneva, che di leggieri l'avresti creduto figliuolo di ricco padre.

Caussa fuit pater his, qui macro pauper agello
Noluit in Flavi ludum me mittere, magni
Quo pueri magnis e centurionibus orti,
Lævo suspensi loculos tabulamque lacerto,
Ibant octonis referentes idibus æra.
Sed puerum est ausus Romam portare docendum
Artes quas doceat quivis eques atque senator
Semet prognatos; vestem servosque sequentes
In magno ut populo si quis vidisset, avita
Ex re præberi mihi sumptus crederet illos.

Nè de' suoi studj solamente, ma de' suoi costumi ancora un custode sollecito egli ebbe nel padre, come egli stesso soggiugne:

Ipse mihi custos incorruptissimus omnes
Circum doctores aderat. Quid multa? pudicum
(Qui primus virtutis honos) servavit ab omni
Non solum facto, verum opprobrio quoque turpi.

Nomina egli altrove il suo maestro, cioè Orbilio da cui dice (l. 2, ep. 1) che gli venivan dettati i versi di Livio Andronico, e pare che anche nella greca poesia si esercitasse; di che egli narra che fu una volta ripreso in sogno da Romolo (l. 1, sat. 10). Sembra

(1) Lib. II. Ep. L ti)L. L Su. Z.