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Parte III. Libro III. 165


Molti altri autori hanno qual più qual meno illustrata la storia letteraria di questi tempi de' quali entriamo a parlare; e forse più di tutti Gian Niccolò Funcio nel suo trattato De virili ætate linguæ latinæ stampato a Marpurgh l'an. 1736. Io non ho lasciato di consultarli, ma ho giudicato insieme che gli antichi scrittori dovessero esser la principal mia scorta in queste ricerche; e che non mi fosse lecito di affermar cosa alcuna che alla loro autorità non si appoggiasse. Il che da alcuni, e dal Funcio singolarmente, non sempre si è fatto.

CAPO I


Poesia

I. La poesia de' Romani era stata finora comunemente una semplice imitazione di quella de' Greci. I tragici e i comici altro quasi non avean fatto che recar dal greco in latino qual più qual meno i tragici e i comici greci. Ma vergognaronsi finalmente di parere schiavi di una nazione cui avevano soggiogata. C. Lucilio cavalier romano che accompagnato avea il giovane Scipione nella guerra di Numanzia (Vell. Paterc. Hist. l. 2, c. 9), e che fu prozio materno del gran Pompeo (Porphir. in Comm. ad l. 2, Sat. 1 Hor.), un nuovo genere di poetico componimento in versi esametri tra' Latini introdusse, di cui non avea tra' Greci esempio alcuno, cioè la satira. Io non saprei dire per quale ragione l'ab. le Moine abbia a questo genere di componimento dichiarata guerra (Considerations, ec. l. 27, ec.), escludendolo con troppo severa sentenza dal ruolo de' componimenti poetici, e affermando che per esso, non che abbellirsi, si disonora anzi la poesia.una lettera in cui con rara modestia mi rendeva delle censure fattegli que' ringraziamenti medesimi che si farebbono per singolar benefizio da alcun ricevuto. Se tutti gli uomini di lettere avessero tai sentimenti e somigliante maniera di pensare, quanto miglior sarebbe lo stato della letteraria repubblica?