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164 Storia della Letteratura Italiana.


Gli studj de' Romani furono in gran parte frutto delle loro conquiste; quanto più queste si accrebbero, tanto più ancora accrebbesi il lor sapere; il secol d'Augusto fu quello che l'armi insieme e le lettere de' Romani portò al sommo della lor gloria; nè questa sarebbe poscia venuta meno se tutt'altre cagioni, che a me qui non appartiene l'esaminare e che si posson vedere nel bel trattato Dell'origine, delle grandezze, e del decadimento de' Romani di m. Montesquieu, non avessero a lenti passi condotta la repubblica alla sua rovina.

Ella è dunque questa di cui prendiamo ora a trattare, l'epoca la più gloriosa alla romana letteratura. Abbraccia lo spazio di poco oltre ad un secolo e mezzo, cioè dall'anno di Roma 607 in cui cadde Cartagine, fino all'an. 766 in cui morì Augusto. Saravvi forse taluno a cui sembri inutile questa mia fatica, poichè abbiam avuta di fresco la Storia del secolo d'Augusto dal co. Benvenuto di s. Rafaele stampata in Milano l'an. 1769, che anche la letteratura romana di questi tempi ha abbracciato. Ma sembra che questo autore abbia anzi voluto porci sotto degli occhi un filosofico quadro che una esatta storia. E saravvi forse chi brami in lui un più giusto ordin di cose, e non approvi, a cagion d'esempio, che la serie degli storici che nel secolo d'Augusto fiorirono, cominci da Svetonio che visse a' tempi di Traiano e di Adriano, e comprenda ancora Giustino scrittore di età incerta, ma posteriore anche a Svetonio. Comunque sia, non sarà forse spiacevole il vedere uno stesso argomento trattato per diversa maniera; e se questa mia Storia non sarà degna di venire al confronto con quella del dotto nominato autore, io compiacerommi che giovi almeno a rilevarne maggiormente le bellezze e i pregi (53) Molti altri autori h .


Io debbo qui rendere una pubblica testimonianza di riconoscenza e di stima al ch. Sig. Co. Benvenuto di S. Rafaele, il quale al vedere e in questo e in qualche altro passo della mia Storia rilevato qualche picciolo neo nel suo Secolo d'Augusto, invece di risentirsene, come avrebbe fatto per avventura qualche altro a lui di molto inferiore in sapere, si compiacque di scrivermi