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148 Storia della Letteratura Italiana.


VIII. E’ sembrato al Bruckero23 assai malagevole il fissare precisamente il tempo di questa ambasciata, e il trovare un anno, a cui possano convenire tutte le circostanze, che di questo memorabil fatto ci han tramando gli antichi scrittori. Io confesso, che non vi scorgo difficoltà. Cicerone, citando ancora l’autorità di Clitomaco, dice24, che erano allora Consoli P. Scipione e M. Marcello; e altrove aggiugne25, che giovani erano allora Lelio e Scipion l’Africano. Abbiamo ancor da Plutarco26 , che Catone allora era vecchio. Or tutto ciò ottimamente conviene all’anno 598. Furono allora Consoli P. Scipione Nasica e M. Claudio Marcello, né altro anno vi ebbe intorno a questi tempi medesimi, in cui due Consoli fossero di tali famiglie. Scipione Africano e Lelio erano ancor giovani, come di sopra si è detto, e Catone era in età assai avanzata, perciocché dice egli stesso presso Cicerone27, che avea 65 anni nel Consolato di Cepione e di Filippo, che furon Consoli l’anno 584, onde a quest’anno contava già Catone 79 anni di età. Non vi ha dunque ragione alcuna, che renda dubbiosa l’Epoca dell’ambasciata de’ Filosofi Greci da noi fissata all’anno di Roma 598.

IX. Venuti a Roma i tre illustri Filosofi, e ammessi al Senato, esposero, secondo il costume, per mezzo d’interprete il soggetto della loro ambasciata. Ma perché l’affare richiedeva matura deliberazione, costretti essi frattanto a fermarsi in Roma, cominciarono a far pompa del lor sapere e della loro eloquenza. Ne’ luoghi dunque più popolosi della Città or l’uno or l’altro prendevano a quistionare, e colla novità degli argomenti, colla sottigliezza de’ lor pensieri, coll’eleganza del favellare riscuotevano ammirazione ed applauso. Diversa era la lor maniera di ragionare, come osserva Gellio28, allegando l’autorità di due antichi scrittori, Rutilio e Polibio. Diogene usava di uno stile parco e modesto, con cui semplicemente sponeva i suoi pensieri; fiorito ed elegante nel suo parlare era Critolao; forzoso ed eloquente Carneade, di cui Cicerone ancora dice29, che aveva una




[7], che avea una forco Htft. Crit. PhiloC e, II. p. 8. (5) De SeneS. n. 5. (2) Acad. Qpsft. 1. IV. 11.45. (6) L. VII. e. XIV. (3) Tuie. Qp*ft. L IV. n. 3. (7) De Orat. lib. II. n. 3I. (4) In Caton. Cenf. Digitrzed by Google