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136 | Storia della Letteratura Italiana. |
nella Cronaca Eusebiana, che fu figliuolo di padre stato già schiavo in Roma. Ma intorno ad Accio veggasi singolarmente il C. Mazzuchelli1 , che assai diligentemente ne ha favellato. Inoltre Afranio da Cicerone chiamato ingegnosissimo ed eloquente uomo2, e da Quintiliano ancora commendato assai3, benché a ragione il riprenda pe’ disonesti amori recati da lui sulla scena; e C. Tizio, che nello stesso luogo vien rammentato da Cicerone; Turpilio, M. Acutico, ed altri, che posson vedersi annoverati da que’, che han trattato de’ Poeti latini, e singolarmente dal Vossio e dal Quadrio; i quali Poeti tutti ho io voluti a questo luogo raccogliere, benché alcuni di essi toccassero l’età seguente, perché si vennero succedendo l’un l’altro, e nuova perfezione aggiunsero al Romano Teatro.
XXII. Ma non vuolsi così alla sfuggita nominare Terenzio, il quale, benché fosse Cartaginese di patria, ci sarà lecito nondimeno di aggiugnerlo a’ Comici Romani, tra’ quali ei visse, e da’ quali apprese il colto ed elegante suo stile. Abbiamo una vita di questo illustre Poeta, che va sotto il nome di Donato, il qual però sembra, che da Svetonio l’abbia presa in gran parte, poiché sappiamo, che questi aveane appunto scritta la Vita4 . Da questa trarremo alcune delle più importanti notizie, di cui potrà, chi il voglia, vedere ivi le pruove. Nacque egli in Cartagine circa l’anno 560, e fu schiavo per alcun tempo in Roma di un Terenzio, qualunque egli fosse (di che controvertesi tra gli Scrittori), da cui prese il nome. A molti Cavalieri Romani fu caro assai, singolarmente a C. Lelio e a P. Scipione Africano il giovane. Diessi a scriver Commedie, e poiché ebbe composta la prima intitolata Andria, l’anno 587 essendo Consoli M. Claudio Marcello e C. Sulpicio Gallo, recolla agli Edili, perché permesso gli fosse di porla sulla scena. Questi non sapendo, se degno di tale onore fosse Terenzio, gli ordinarono, che a Cecilio Stazio, di cui grande era allora la fama, recasse la sua Commedia, e ne chiedesse il parere. Andovvi egli mentre Cecilio si stava cenando, e a lui introdotto, poiché era in vile e povero arnese,