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134 Storia della Letteratura Italiana.


, in cui hanno raccolto i pareri degli uomini dotti su’  dotti Scrittori, e si conoscerà a pruova, che la medesima discordanza, che vi ha tra gli uomini nel  gusto, che dipende da’ sensi, avvi ancora nel gusto, che è proprio dell’intelletto. Maggior maraviglia  ci può recare il riflettere, che concordi in ciò non furono neppur gli antichi. Varrone soleva dire,  che, se le Muse volessero latinamente parlare, non altro stile userebbono che quel di Plauto81 . Cicerone chiama gli scherzi di Plauto eleganti, colti, ingegnosi e faceti82 . Orazio al contrario  riprende gli antichi Romani83 , che i motti e gli scherzi di Plauto troppo buonamente, per non dire  scioccamente, lodarono. Io penso, che l’uno e l’altro parere si possano di leggieri conciliare  insieme. Plauto ha certamente uno stile grazioso, naturale, e faceto; e i popolari costumi vi son  dipinti con colori vivi al sommo e leggiadri. Ma egli fa ancora talvolta dell’antica rozzezza, e, ciò  che è peggio, agli scherzi onesti ed urbani molti ne aggiugne spesso indecenti e vili. Ma di Plauto ci  tornerà occasione di ragionare, quando favellerem di Terenzio, e l’uno coll’altro di questi due  Comici confronteremo. 

XX. Più altri Poeti ancora compositori di Tragedie e di Commedie fiorirono al tempo stesso, cioè verso il fine del secol sesto di Roma. Ma il trattenermi a lungo in ciò, che a loro appartiene,  recherebbe per avventura noja a’ Lettori, e mi ritarderebbe di troppo il giugnere a tempi e ad uomini ancor più illustri. Mi basterà perciò l’accennare in breve alcuna cosa di quei, che tra essi giunsero a  maggior fama. Furon dunque a que’ tempi Cecilio Stazio scrittor di Commedie, e Pacuvio di Tragedie. Di Cecilio Stazio dice la Cronaca Eusebiana, che morì un anno dopo Ennio, che fu nativo della Gallia Insubrica, e che da alcuni si dice, che e’ fosse Milanese. Queste parole sono parute  84 85 bastevoli al Ch. Sassi e all’Argelati a poterlo dire accertatamente Milanese di patria. Il Quadrio  al contrario con ammirabile sicurezza, senza recarne pruova alcuna, il fa Comasco86. Non potrei io  dire ugualmente, ch’ei fu Cremonese o Pavese? Egli, come abbiamo da Gellio, fu schiavo in  Roma87. Pacuvio, co-









Quinti!, lib. X. e. L (5) Biblioth. Scrìp. MedioL (2) De Offic. lib. i; n. 29. (6) T. tV. p. 47. (3) De Art. f>oet. (7; L. IV. *. XX. (4; De Stud. Medici, cap. V. Digitized by Google