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Parte III. Libro I. 111

stampata in Dublino l’anno 1724, di cui una piccola parte è stata estratta, ed inserita nelle memorie di Trevoux15 col titolo: Saggio Storico sopra la letteratura de’ Romani; ove così ragiona: Quando si considerano i cominciamenti del Romano Impero, la forma, che ricevette dapprima dal suo Legislatore, e le qualità de’ primi membri, che lo composero, niuno si maraviglia al vedere in questo nascente popolo una cotale ferocia interamente opposta alla pulitezza e alle maniere propie di un popolo ben coltivato. Questa rozza barbarie cambiossi insensibilmente in una austera alterigia, per cui i primi Eroi di Roma contenti de’ soli soccorsi della Natura disprezzarono quelli dell’arte, dalla quale essi non presero cosa alcuna, onde rischiarare la lor ragione, e avvivare il natio loro coraggio. Essi non conobbero punto né il pregio delle opere d’ingegno, né i vantaggi dello studio, cui considerarono come frivola occupazione, e alla gravità di un Cittadino non conveniente. E in un tal pregiudizio più ancor confermolli il vedere, che con una esatta militar disciplina e con una singolare costanza soggiogavano altre nazioni, che meno ancora di loro versate erano negli studj.

V. Questa feroce alterigia nata, per così dire, e cresciuta insiem co’ Romani fece sì, che, benché vicini essi fossero e agli Etruschi e agli abitatori della Magna Grecia, popoli, come si è detto, colti assai e delle liberali arti sommamente studiosi, sdegnaronsi nondimeno di approfittarsi della favorevole occasione, che loro si offeriva, di coltivare lo spirito, e d’istruirsi nelle scienze. Co’ Greci appena ebbero i Romani ne’ primi secoli commercio alcuno. Tutte le altre straniere nazioni eran da essi considerate come indegne di venire a confronto colla grandezza e colla maestà del loro nome, e troppo avrebbon essi pensato di abbassarsi, se le avesser prese a maestre, e fatti se ne fossero imitatori. Quindi trattene le cerimonie e i riti appartenenti al culto de’ loro Iddii, ne’ quali pare, che i Romani da’ popoli d’ogni parte del mondo raccogliessero quanto vi aveva di più superstizioso, in tutte le altre cose sdegnaronsi essi di sembrar debitori di cosa alcuna ad altrui. Un’altra ragione ancora, secondo la