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62 | Storia della Letteratura Italiana. |
to, egli il farà cento volte più lentamente. Quindi secondo questo principio avrebbe abbisognato Archimede di tempo troppo notabile per far avanzare sensibilmente peso sì enorme. Io non voglio contrastar col Montucla su questi principj. Ma essi non provano, se non che di molto tempo abbisognò Archimede per trarre in mare quella sterminata mole. Ma dice egli forse Ateneo, che Archimede il facesse in un batter d’occhio? Così pare, che abbia inteso il Montucla; ma leggasi il racconto di Ateneo, e si vedrà, che di tale prestezza egli non fa motto. Se altri a render più mirabile il racconto ve l’hanno aggiunta, contro essi si rivolga il Montucla: ma non rigetti la narrazion di Ateneo per una circostanza, che in lui non si trova. Anzi ove abbiam veduto dirsi nell’arrecato racconto, che Archimede la trasse in mare con pochi strumenti, altri leggono, come avverte lo stesso Conte Mazzuchelli, con pochi servi; il che toglie una delle difficoltà dal Montucla addotte, cioè che troppo difficilmente potesse ciò fare il solo Archimede. Egli è vero, che Ateneo è il solo tra gli antichi Scrittori, che di questa nave ci abbia lasciata memoria; ma riflettasi, che egli non ne fa la descrizione a capriccio, nè si fonda su d’una incerta popolar tradizione, ma riferisce la descrizione fattane da Moschione: Cum de ea Moschion quidam librum ediderit, quem nuper attente & studiose legi: sic igitur Moschion scribit. Riflettasi, che antico scrittore dovett’essere questo Moschione, poichè Ateneo ne parla, come d’uomo, di cui appena restava notizia alcuna: Moschion quidam; e perciò essendo Ateneo vissuto al secondo secolo di Cristo, potè forse Moschione essere o contemporaneo, o certo non molto di età lontano da Archimede, morto circa un secolo e mezzo innanzi Cristo. Aggiungasi ancora, che nella narrazion di Moschione da Ateneo inserita nella sua Storia vedesi un Greco Epigramma in lode di questa nave fatto da Archimelo, a cui perciò Gerone fece un presente di mille moggia di grano, nel qual Epigramma quelle stesse proprietà di questa nave veggonsi accennate, che più diffusamente descritte sono nella recata narrazione. Per le quali ragioni pare certamente, che questo racconto secondo le buone leggi di critica si debba ammetter per vero, benchè forse alcune circostanze possano essere state esagerate di troppo, singolarmente per ciò, che appartiene alle parti, di cui la nave era composta, e alle delicie d’ogni maniera, che vi erano aggiunte.