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nete arabe trovate dai distretti inferiori del Volga sino alla città norvegese di Christiansand. Con ciò si spiega il cenno che il geografo Jaqut (primi anni del secolo XIII) fa delle città di Schleswig e di Bergen. Edrisi, al quale sono famigliari i nomi attuali della Danimarca, della Norvegia, della Svezia e del Finnmark, aveva attinte le notizie relative a questi diversi paesi dalle fonti nord-europee che egli aveva potuto consultare alla Corte del re Ruggero in Palermo. Del che abbiamo una prova nella sua Carta mondiale, nella quale il paese dei Kveni nella Lapponia è designato come un’isola delle Amazzoni, ricordo dell’isola delle Donne (insula foeminarum) di cui in Adamo di Brema. Ignorando la natura peninsulare della Scandinavia, i geografi arabi facevano del Baltico un mare dipendente dall’Oceano glaciale artico: il nome più usato per indicare quel mediterraneo del Nord è Warank o mare dei Vareghi. Nell’interno del Finnmark, il paese detto da Edrisi Tebest corrisponde al Tavast (depressione, avallamento) degli Svedesi, dal che possiamo dedurre che le cognizioni geografiche degli Arabi si estendevano sino a quelle lontane regioni dell’alto Nord Europeo. Il popolo più settentrionale nell’Europa orientale è designato dagli stessi geografi col nome di Wisu, ed in generale questa denominazione comprendeva tutte le numerose tribù finniche stanziate nella Russia settentrionale, dagli Urali al Baltico ed all’istmo di Lapponia. Con queste famiglie gli Arabi mantenevano pure estese relazioni di commercio, come lo dimostrano le molte monete trovate nella regione della Pesciora: chè anzi, persino là ove si uniscono le acque dell’Ob e dell’Irtisce (Siberia occidentale), e così nel paese degli Ostiachi, fu trovato uno specchio metallico con iscrizioni arabe che datano dal X o dall’XI secolo.

Nelle relazioni commerciali tra il Turchestan (bacino dell’Amudaria) ed i paesi del Baltico, servivano quali mediatori i Bulgari o Wolgari, popolo linguisticamente finnico, stabilito nel bacino del Volga. A valle della confluenza della Kama era situata la loro città capitale, Bulgar, che Jaqut descrive come costrutta di legno di abete, tranne le sole mura esterne che