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il cui circuito era di 800 parasanghe, poco diverso dal circuito vero (2300 miglia geografiche). Al nord delle isole Lanka e della rotta comunemente tenuta dagli Arabi erano le due isole del Mare Andaman, abitate da neri selvaggi e antropofagi; e più a settentrione si estendeva, secondo quei navigatori, una regione montagnosa ricca di miniere d’argento (Arakan delle carte moderne).

Al mare di Herkend succedono il mare di Salahit (Stretto di Malacca), sulle cui rive orientali era il porto attivissimo di Kalah (Quedda?), ed il Mare di Kadranj (golfo di Siam). A partire dalla estremità meridionale della penisola di Malacca, le navi arabe percorrevano il mare di Kadranj (a sud-est delle bocche del Menam), donde, fiancheggiando le coste sud-ovest del Camboge e della Bassa Cocincina, giungevano prima a Sanf (ad occidente del Gran Capo o Capo Camboge), quindi alle isole Sandar Fulat (Sondur di Marco Polo, Pulo Condor delle carte moderne), ad oriente delle quali si entrava nell’ultimo mare asiatico, detto Mare di Sanij (Mare della Cina), sulle cui rive occidentali erano i porti frequentatissimi di Canton, definitivamente abbandonato nell’anno 795, di Canfù (moderna Hang-ceu), e di Kantu (sulla costa meridionale della penisola di Sciantung), il quale fu per molto tempo il più importante porto della Cina settentrionale. Dirimpetto a Kantu si innalzavano alte montagne appartenenti al paese de’ Sila ricco in oro, saluberrimo e fertilissimo, dal quale si esportavano, in grande quantità, aloe, canfora, sete, porcellane, cannella ed altri prodotti naturali ed industriali. Gli abitanti di Sila vivevano in amichevoli relazioni coi Cinesi, ed appartenevano alla medesima razza di questi. Alcuni autori identificano il paese di Sila col Giappone1, altri, forse con maggior ragione, colla Corea2, paese che dall’anno 668 era

  1. Peschel, Abhandlungen zur Erd- und Völkerkunde, II, pag. 28.
  2. Richtofen, Ueber den Seeverkerhr nach und von China in Alterthum und Mittelalter, nelle Verhandlungen della Società geografica di Berlino, III, pag. 94.