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quando le lunghezze dei due tragitti del Sole, dal levante al ponente, e da questo a quello sono uguali tra loro1.
Sant’Isidoro, vescovo di Siviglia (570-639), pare che accenni, nel Libro XII delle Origini, alla sfericità della Terra, dicendo che «questa è posta nella regione centrale del mondo e, a guisa di centro, ad uguale distanza da tutte le parti del cielo», ma afferma poco dopo (XIV, 2) che la forma del corpo terrestre è a un dipresso quella di una ruota. Simile contraddizione si nota circa agli antipodi. Imperocchè nel capitolo secondo (De gentium vocabulis) del Libro IX, Isidoro dice, che non si può ragionevolmente credere alla esistenza degli antipodi, essendo questa una semplice congettura dei poeti, e nel capitolo quinto (De Lybia) del Libro XIV, trattando di una quarta parte dell’orbe, che sarebbe situata nel mezzodì al di là dell’Oceano interno, considera come favolosi i suoi abitatori; ma nel capitolo terzo (De portentis) del Libro XI si trovano accennati gli antipodi della Libia.
L’Anonimo di Ravenna, geografo del VII secolo, mantiene il medesimo concetto della Terra piana tutta illuminata contemporaneamente dal Sole dall’un capo all’altro; ma il grande astro, muovendosi sulla vôlta del cielo, passa sopra i diversi paesi come un immenso e provvidenziale orologio, in modo che la prima ora spetta all’India, la seconda alla Persia, e così di seguito sino alla dodicesima ora, che tocca ai Britanni ed agli Iberni, al di là dei quali cessano le terre abitate2. Le ore della notte corrispondono al tempo che il Sole impiega per ritornare al luogo donde era partito, girando, secondo il testo biblico, per le parti boreali. Il Ravennate non sa se ciò avvenga dietro una massa montagnosa, come nel sistema dell’Indopleuste, oppure col tuffarsi del Sole nelle acque del settentrione, passando sotto o dietro la Terra.