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erano pure i nomi dei venti. Un’ordinanza reale dell’anno 1359 stabiliva eziandio che ciascuna galera fosse provvista di due carte marittime. Tutto ciò induce a credere che i Catalani ed i Maiorchini, come gli Italiani, dovessero essere valenti costruttori di carte nautiche1.
Di questa valentìa cartografica è prezioso monumento un atlante comunemente conosciuto col nome di Carta catalana primieramente illustrato dai francesi Buache e Tastu, i quali ne fissano la data all’anno 1375.
Questo atlante, scritto in lingua romana catalana, si compone di sei tavole, due delle quali sono dedicate ad argomenti di cosmografia, e le altre quattro rappresentano l’abitabile. Queste ultime hanno di particolare che, poste l’una vicina all’altra, vengono a formare, senza ripetizioni e sovrapposizioni, una carta generale che è un vero mappamondo, a differenza degli altri atlanti nautici, in cui nell’attacco di una tavola all’altra le parti rappresentate sul finire dell’una lo sono pure sul principio dell’altra, e il più delle volte in diversa scala2.
La prima delle quattro carte rappresenta l’Oceano Atlantico (Mare Ochceanum) e le parti occidentali dell’Europa, del Mediterraneo (Mare Miteretainae) e dell’Africa. Nella sezione settentrionale dell’Oceano si innalzano l’isola Chatanes (Thule della geografia classica?), l’isola Archania (le Orcadi) colla leggenda: «In quest’isola vi sono sei mesi di giorno, durante i quali la notte è chiara, e sei mesi di notte, durante i quali il giorno è oscuro»3; l’isola Scillanda (Shetland?); la Gran Bretagna coi nomi di Ingilterra e Scheda; l’Irlanda. Queste due ultime isole sono delineate molto fedelmente, avuto riguardo ai
- ↑ Fiorini, Op. cit., pag. 674.
- ↑ Fiorini, Op. cit., pag. 675.
- ↑ Onorio di Augsburg (comunemente di Autun), scrittore della prima metà del secolo XII, dice la stessa cosa di Chile (Thule?), nel suo libro De imagine mundi: «Orcades triginta tres, Schotia, Chile cuius arbores numquam folia deponunt, et in qua sex mensibus, videlicet aestivis, est continua dies: sex hybemis continua nox».