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la più accreditata, è quella che «traendo i venti così detti Prodromi, e poi per quarantacinque giorni continui gli Etesii, ne contrariano il corso per modo, che l’onda risospinta si gonfia e straripa; e per quel soffio contrario crescendo ogni più, e da una parte resistendo la forza dei venti, dall’altra incalzando il corso delle sorgenti perenni, il fiume sollevasi altissimo e copre ogni cosa, e facendo disparire la terra si allarga sui campi e rende sembianza di un mare» (XXII, 15). Quanto alle sorgenti del fiume egiziano, egli pensa che «rimarranno ignote anche all’età avvenire, come si ignorano dalla presente»: tuttavia ammette ciò che diceva il re Giuba «che il Nilo nasce da un certo monte situato nella Mauritania e riguardante all’Oceano, perchè nelle paludi mauritane trovansi pesci, erbe e mostri simili a quelli del Nilo» (Ibid.).1.
Ammiano ci ha conservate le opinioni già manifestate da Anassagora e da Anassimandro intorno alle cause dei terremoti. Secondo Anassagora questo fenomeno è prodotto da che «i venti entrando con forza nelle parti della Terra, traggono contro massi indurati, e non trovandovi luogo da uscirne, sommovono quelle parti del suolo, nelle quali è penetrata la umidità. Laonde il più delle volte si osserva, che nei terremoti non sentesi vento che soffi, perchè tutti sono occupati nei reconditi nascondigli del globo». E Anassimandro dice, che «la terra, o troppo inaridita dalla troppa siccità della state, o troppo bagnata dalla pioggia, apre grandi crepature, per le quali cacciandosi poi l’aria esterna e troppo, e con troppa forza, la scuote con soffi violenti nelle sedi sue proprie. Perciò questi terribili fenomeni sogliono accadere nei tempi di grande siccità, o di pioggie eccessive» (XVII, 7). Lo storico passa quindi a trattare delle specie di tremuoti, tra cui le brasmazie, che sommovono fortemente la terra e slanciano in alto moli stragrandi; le climazie, che vengono oblique e da lato, ed appianano città, edifizi e montagne; le casmazie, per cui si spalancano delle