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esse ci fanno assistere al principio del movimento delle tribù nomadi e guerriere, le quali, uscite dal fondo delle contrade germaniche o dalle regioni occidentali dell’Asia, dovevano condurre, in meno di cento anni, alla rovina della metà occidentale dell’impero romano. In questa parte, che diremmo etnografica, le storie sono un lavoro veramente originale, e giustificano quanto si è detto da alcuno, con alquanta esagerazione ma non senza un fondo di vero, che Ammiano è l’Erodoto della storia moderna.
Lo stesso non si può dire delle parti del lavoro che trattano di geografia positiva, giacchè ben sovente l’autore vi cade in gravi e poco scusabili errori. Del Tanai è detto che, nascendo dalle rupi Caucasie, cade per sinuosi sentieri e, dividendo l’Asia dall’Europa, si perde nella palude Meotide (XXII, 8). Il Ponto Eussino ha, secondo Ammiano, la forma di un arco scitico congiunto dalla sua corda; i due Bosfori, il Tracio ed il Cimmerio, occupano le due estremità dell’arco, l’una occidentale, l’altra orientale, e sono perciò situati l’uno rimpetto all’altro nella direzione da occidente ad oriente. Lo stesso mare è chiuso dalla Palude Meotide da quella parte donde il sole sorge dall’Oceano orientale (XXII, 8). Le Gallie sono limitate verso occidente dall’Oceano e dalle alture dei Pirenei (XV, 10), per cui saremmo condotti a ritenere che Ammiano desse a questo gruppo di montagne una direzione meridiana, similmente a quanto diceva Strabone1. Il lago detto dai Reti Brigantia (lago di Costanza) è lungo 460 stadi e largo quasi altrettanto, ed è paragonato ad una mistura fangosa (XV, 4). Affatto sbagliata è l’orientazione dell’Egitto (XXII, 15): «La nazione egizia, dice Ammiano, è chiusa a mezzogiorno dalle Sirti maggiori, dai Garamanti e da altre varie genti; donde guarda all’Oriente le si stendono intorno Elefantina e Meroe città degli Etiopi e i Catadupi2 e il mar Rosso, e quegli Arabi Sceniti