Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 137 — |
loro mani il commercio dell’lndia, e questa fa la strada marittima del sud, la quale, come nota Carlo Ritter1, doveva essere assai più vantaggiosa dell’altra, e, nel medesimo tempo, più durevole, per la ragione che lungo di essa si succedevano signorie molto meno potenti e temibili che non quelle che padroneggiavano la strada settentrionale, di cui abbiamo precedentemente accennate, per sommi capi, le principali stazioni. Nulla curando la taccia di eretici, i Veneziani strinsero relazioni di amicizia coi Saraceni, specialmente coi Sultani della Siria e dell’Egitto e ben presto si apersero liberamente alle loro flotte non solo i porti di questi paesi, tra cui, primi, Berutti e Alessandria, ma eziandio quelli dell’Arabia e dell’India.
Tuttavia, se la più antica e la più feconda sorgente della prosperità veneziana furono le relazioni commerciali coll’impero bizantino, colle coste del Mar Nero, colle città della Siria, dell’Egitto, della Berberia, pure l’Oceano Atlantico aveva cominciato a conoscere i navigatori veneziani assai prima di divenire il teatro dei grandi viaggi marittimi. Le galere di Fiandra, che fino dai primi anni del secolo XIV uscivano periodicamente dallo stretto di Gibilterra per condursi ai mercati mondiali dei Paesi Bassi, avevano contribuito efficacemente a distruggere i pregiudizi, che la gelosa avidità dei Fenici aveva diffusi sulle difficoltà di navigare l’Atlantico2. A proposito di che accenniamo, già sin d’ora, i viaggi di Niccolò e Antonio Zeno e di Pietro Quirini nell’alto nord, e quelli di Alvise da Mosto nell’Atlantico africano.
E a questa medesima parte dell’Oceano mondiale si indirizzavano pure animosamente i navigatori Genovesi, precedendo di un buon tratto quelli del Portogallo nella scoperta delle isole Madeira, Canarie, del Capo Verde, e nella esplorazione di una lunga distesa delle coste occidentali d’Africa. Di questi viaggi si parlerà più avanti in questo stesso vo-