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assistere alle cerimonie sanguinose ed alle processioni, nelle quali i pellegrini si facevano stritolare sotto le ruote dei carri splendidissimi che portavano i loro idoli.
La traversata del golfo del Bengala gli offre occasione di parlare dell’isola di Ceylon, celebre per diamanti, rubini e uccelli a due teste, e di un gruppo di 4400 isole divise tra sessantaquattro re. Dopo 50 giorni di navigazione, a partire da Mobar, Odorico giunse all’isola Lamori — nome che si trova pure presso gli Arabi — la quale corrisponde senza dubbio a Sumatra, poichè il viaggiatore vi menziona, oltre ad altri prodotti preziosi, la canfora, pianta indigena delle sole isole di Sumatra e di Borneo. Il regno di Lambri, accennato pure da Marco Polo, fioriva ancora al tempo dei Portoghesi1, e dalla descrizione che essi ne fanno si può dedurre che esso si trovasse nella parte settentrionale dell’isola, e lungo il lato prospiciente al golfo del Bengala. Le giunche cinesi che frequentavano i mari indiani non entravano adunque nel golfo del Bengala per mezzo dello stretto di Malacca, bensì fiancheggiando la costa meridionale di Sumatra. L’orribile descrizione che Odorico ci ha lasciato degli abitanti di Lamori si accorda perfettamente con quella che i viaggiatori moderni fanno delle tribù dei Bettahs. Si aggiunge che le coste meridionali della medesima isola portano, presso il nostro viaggiatore, il nome di Sumoltra, che poco si allontana da quello comunemente adottato, in tempi relativamente non lontani da noi, per indicare la seconda, per grandezza, delle quattro principali isole della Sonda.
Dopo l’isola Lamori, Odorico parla dell’isola Zaba (Giava) e de’ suoi ricchi prodotti, tra cui la noce moscata, i chiovi di garofano e gli aromi di ogni specie. È adunque assai probabile che la sua navigazione continuasse, al di là di Lamori, per lo stretto della Sonda, e che il paese di Paten, da lui descritto dopo l’isola Zaba, fosse l’isola Bintang, famosa per le sue miniere di stagno. In questo paese di Paten vi sono certi