ultima poi non si potrebbe identificare colla Iava maggiore, perchè, anche prescindendo dalla sua grandezza che è di molto inferiore a quella accennata dal Polo, la menzione che questi fa della posizione meridionale della lava minore ci induce a ritenere che a maggior ragione egli avrebbe detto lo stesso della vera Giava, la quale si innalza tra il 5° ed il 10° parallelo australe. Tuttavia, siccome degli otto regni dell’isola Sumatra, quello di Samara, nel quale Marco Polo dovette, per causa del tempo cattivo, trattenersi per ben cinque mesi, era situato talmente a mezzogiorno, che, come egli stesso ripete, «la Tramontana quivi ancora non si vede, nè si veggono anche le stelle che sono nel carro», così pare che la spedizione, anzichè per lo stretto di Malacca, entrasse dal mare della Cina nell’alto Oceano Indiano mediante lo stretto della Sonda: nel qual caso la Giava maggiore si potrebbe identificare colla vera Giava. La quale ipotesi troverebbe anche valido appoggio nella distanza di 1500 miglia che, secondo il viaggiatore veneziano, separa il paese di Giamba dalla prima delle due Giave. Prima di abbandonare questa parte del Libro non sarà inutile ricordare quanto dice Marco Polo del Rinoceronte e del Sago, trattando dei regni di Basma e di Fanfur nella stessa isola di Sumatra. «Hanno (quelli di Basma), molti elefanti selvatichi e leoncorni (rinoceronti) che sono molto minori degli elefanti, simili ai bufali nel pelo, e li loro piedi sono simili a quelli degli elefanti. Hanno un corno in mezzo del fronte, e nondimeno non offendono alcuno con quello, ma solamente con la lingua e con le ginocchia, perchè hanno sopra la lingua alcune spine lunghe e aguzze, e quando vogliono offendere alcuno lo calpestano con le ginocchia, e lo deprimono, poi lo feriscono con la lingua. Hanno il capo come d’un cinghiale, e portano il capo basso verso la terra, e stanno volentieri nel fango, e sono bruttissime bestie, e non sono tali, quali si dicono essere nelle parti nostre, che si lasciano prendere dalle donzelle, ma è tutt’il contrario». E, intorno al sago, si legge, nel capitolo XVI del Libro 3°, «In questa provincia (di Fanfar) cavano farina d’arbori, poichè hanno una sorte d’arbori grossi