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sauste apparissero la fertilità, e la ricchezza degli innumerevoli paesi, che lo componevano, tuttavolta questo maraviglioso ed unico Impero sopportar non poteva lungamente i vizj, e i delitti de’ propri Sovrani, e de’ loro favoriti, comandanti, ed eserciti senza che in breve veduti non si fossero gli effetti della rapacità, e della violenza in un manifesto decrescimento della popolazione, ed in una sorprendente decadenza, e miseria delle più floride città, e provincie. Roma, e l’Italia avevano, è vero, sopra le provincie il particolar vantaggio di assorbire annualmente i loro tesori col mezzo di estorsioni, di tributi, di maneggi, e d’usure, ma questi stessi tesori, che del continuo colavano in Italia, e venivano profusi quasi colla medesima sollecitudine con cui erano stati carpiti, non solo non arrecavano alla detta contrada alcun aumento per rispetto alla sua vera prosperità, ed ai soli, e veri beni di uno Stato, che sono la copia delle persone industriose, e felici, l’agricoltura, e i naturali prodotti, ma la rendevano viceversa sempre più spopolata, ed incolta benchè dall’alpi fino all’ultimo promontorio fosse abbellita coi più magnifici palazzi, e coi più vasti, e deliziosi Giardini1

  1. Io accenno qui solamente le doglianze di Tiberio riferite in uno dei miei precedenti capitoli: — nemo