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rori contro la lingua, e nel mentre che per ignoranza usavansi l’espressioni più basse, e volgari davasi ancora di piglio a termini, e fiori poetici, ed a sorprendenti antitesi, e concetti, a cui solamente prestavano orecchio gli uditori, e che poscia venivano trascritti, e spediti in lontane provincie, e colonie1. I pochi amici del buon gusto si lagnavano quinci che l’eloquenza dall’ampio regno, in cui aveva prima signoreggiato fosse stata rinchiusa nell’angusto recinto di alcuni pochi storti, ed arguti pensieri, e venisse appresa, ed esercitata come le arti più vili2. I migliori Oratori, Poeti, ed Istorici leggendo le loro Opere non trovavano alcuno, ovvero se non se qualche scarso, e svogliato uditore3, laddove al contrario i più miserabili ciarloni erano sicuri di un’artificioso teatrale applauso, giacchè questi andavano cercando e generosamente pagavano tutti coloro, che prender volevansi la pena d’ascoltarli, e batter loro le mani4. Siccome dunque i

  1. Dialog. de Orat. c. 20. 26. 32.
  2. Ib. c. 32.
  3. I. 13. Plin. Ep. Plinio fa un eccezione IV. 16.
  4. Ib. II. 14. Ep. sequuntur auditores actoribus similes, conducti, et redempti mancipes: convenitur in media basilica, ubi tam palam sportulae, quam in triclinio dantur. Ex judicio in judicium pari mercede tran-