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guerra, e della pace, o di alcune leggi, e alleanze, non sui meriti, e demeriti di illustri cittadini, e famiglie, ma solamente circa ai trascorsi, o contrasti di alcuni semplici, ed insignificanti individui; dal che ne venne che colla grandezza, e colla ricchezza della materia decaddero per conseguenza ancora lo spirito, e gli sforzi degli Oratori.

Le stesse cause appunto, che produssero il despotismo, e la rovina dell’eloquenza corruppero in guisa tale anche i più insigni oratori, e scrittori dell’età d’Augusto che questi trattarono i medesimi oggetti, ed espressero i medesimi pensieri, ed affetti in un modo del tutto diverso da quello che praticato avevano gli oratori, e gli scrittori dei tempi della Libertà. Coloro, che prima degli altri deturparono l’eloquenza, e la lingua dei Romani furono Cassio Severo, Gallione, e Mecenate1. Tutti tre compartirono ai lord discorsi, ed ai loro scritti la stessa voluttà, mollezza, ed artificiosa negligenza, che dominavano nei loro costumi, ed in quelli degli altri primarj Romani.

Nulla havvi di più vero, scrive Seneca2, del Greco proverbio; che la lingua de gli uomini è come la loro vita. Quando la morale di un po-

  1. Dialog. de Orat. c. 19. 26. Quint. X. 1.
  2. Ep. I. 14.