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di un anno ebbe dato fondo ad uno dei maggiori tesori, che siansi mai raccolti in Europa, e che viddesi per conseguenza esausto ad un tratto di numerario, allora annichilò con ardita mano le più antiche, e non mai violate leggi sulle successioni ereditarie, abolì perfino come nulle, ed ingrate le ultime disposizioni di quei Primipili3, che non l’avevano chiamato a parte delle loro sostanze, e ad onta dei più chiari, e precisi testamenti dichiarò suoi i beni dei defonti tutte le volte che qualcuno asserì d’aver inteso che da essi avuta si fosse l’idea di lasciarli all’Imperatore1. Ciò fu causa che gli stessi ignoti4 e i Padri di famiglia ad oggetto di non privare i posteri di tutte le proprie sostanze incominciarono a costituirlo pubblicamente erede delle medesime in compagnia dei rispettivi loro famigliari, e figliuoli. Tutti quelli per altro, che in tal guisa operavano, posto che ancora seguitato avessero a vivere dopo una sì fatta disposizione, erano chiamati da esso dileggiatori, e perciò spedivane egli ad alcuni torte, ed altre paste avvelenate, onde punirgli di tali scherni2. I facoltosi, niuno eccettuato, comparivano agli occhi suoi rei degni di morte, e molti di questi vennero da lui rimproverati, che fossero, cioè, così temerarj di volerlo oltre-

    tus numquam alius tuisset quando in omnium hominum bona jus haberent„.

  1. Svet. c. 38.
  2. Ib. c. 38.