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segrete denunzie nell’animo e nel favor del Monarca. Quest’iniquo espediente ridusse di fatti in poco tempo quel miserabile pericoloso alle persone più ragguardevoli. Egli non curava l’odio di tutti nel mentre che andava acquistando influenza, e potere presso l’Imperatore; ed il suo esempio eccitò in breve molti altri ad inalzarsi in ugual modo dalla povertà, e dalla bassezza dei lor natali all’acquisto di ricchezze e di cariche luminose, fabbricando in primo luogo l’altrui, ed in seguito la loro propria disgrada e rovina. Ispone non altro rimproverar poteva Marcello, se non che d’essersi permesso di sparlar di Tiberio, di porre la propria statua più in alto che quelle degli Imperatori, e segnatamente di aver troncato il capo ad una statua di Augusto, e postovi invece uno di quelli di Tiberio. Sì fatte accuse inasprirono, ed irritarono Tiberio per modo che egli ad un tratto protestò di volersi apertamente spiegare su tal proposito, e secondo il già da lui prestato giuramento, emettere il suo voto per servire agli altri di norma. A tale espressione chiese Gneo Pisone in qual punto si fosse da Tiberio pensato di dare il suo voto, dicendo, che se esso lo dava il primo, egli avrebbe saputo come imitarlo; e se all’opposto lo avesse dato dopo allora ei temeva di allontanarsi imprudentemente dal di lui volere. Questa dimanda fece immediatamente rientrar Tiberio in stesso. Egli comprese di essersi troppo lasciato trasportar dalla collera, e permise che l’accusato fosse assoluto dal delitto di lesa maestà.