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sive con quella di ambra gialla. Stracciò, e tagliuzzò spesso i più sfarzosi vestiti, e sommerse nel mare varie navi col ricco lor carico credendo che ciò fosse un segno di un’anima grande, e Reale. Gli stessi suoi arnesi da notte erano vasi murrini, oppure d’oro, e di onice1.
L’illimitata profusione dei principali tra i Romani ebbe le medesime conseguenze funeste, che ha avuto in tutti i tempi, e paesi, e che nei prodighi Imperatori si resero molto più sorprendenti, e dannose. Essa produsse in primo luogo una vile spilorcierìa in tutti quei casi, ne’ quali l’onore, e il dovere richiesta avrebbero la maggior splendidezza; in seguito una del pari violenta che bassa avarizia; e per ultimo una tal povertà, e miseria, che gli Uomini, e i Giovani delle più nobili famiglie si vidder costretti ad applicarsi alle Arti, ed occupazioni più disonorevoli.
Ciò, che i primarj Romani profondevano smodatamente nei loro Palazzi, Ville, mobili, tavole vestiti, e ornamenti, cercavano poi di ricuperarlo con un’intempestiva economia nell’educazione dei loro figli, e nel mantenimento dei proprj servi, ed amici. Se mai domandate, dice Giovenale2, a quel Ricco quanto gli costano la sua casa, e la sua sala ove mangia sostenuta da alte colonne Numide; quanto i suoi bagni, e i suoi coperti passeggi; quanto i suoi equipaggi, e le