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Se si dee prestar fede a Seneca, l’avaro, ed inetto Augure Gneo Lentulo mercè de’ benefìzj di Augusto divenne ancor più ricco dei più famosi favoriti di Nerone, e di Claudio; ma io credo così poco che Lentulo arrivasse a possedere un capitale di dieci millioni di talleri, come approvar non posso l’esagerato giudizio, che ne vien fatto, ch’egli, cioè, sia stato il maggior esempio di fortuna, e di ricchezza fino a tanto che i moltopiù vasti tesori di alcuni Liberti lo ebbero reso povero, o fatto comparir come tale1</ref>. Quand’anche però si ammetta che Lentulo, ed altri abbiano avuto una ricchezza di dieci, e più millioni, tuttavolta niuno si aspetterà mai di udire che i più facoltosi dei Romani avessero una così incredibile moltitudine di Schiavi, e beni campestri così smisurati, come se ne trovavano realmente in possesso. C. Cecilio Claudio

  1. II. 27. de Benef. „ Cn. Lentulus augur, divitiarum maximum exemplum, antequam illum, libertini pauperem facerent, hic quater millies sestertium suum vidit„. Più incredibile ancora dell’iperbole di Seneca è ciò, che dice Olimpiodoro1 delle rendite di Gordiano, e di altro primarie Case di Roma. Secondo questo Greco vi erano molte famiglie in Roma, le quali ricavavano annualmente dai loro effetti 4000 libbre d’oro2 oltre alle biade, al vino, e ad altri prodotti naturali, che per lo meno formar dovevano un terzo della somma predetta. Olimpiodoro dà alle Case di second’ordine 1000, 1500. libbre d’oro di rendita annuale, ap. Lips. II, 15. de Magn. Rum.