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palazzo se non se appoggiato a due Eunuchi; che dimostravansi ancora più uomini di lui1; Mecenate peraltro a malgrado della possanza, e delle ricchezze, colle quali Augusto lo premiava, e degli innumerevoli nuovi comodi, e piaceri, la cui scoperta, ed estensione gli stavan più a cuore, che il ristabilimento dei costumi, e delle virtù degli antichi Romani trovar non sapeva quella soddisfazione, e quel riposo aspettato da lui, ed in parte dovuto a’ suoi meriti. Indarno egli cercava di sollevare l’oppresso suo cuore col mormorio di acque cadenti, e colle più dolci sinfonie di lontane voci, e istrumenti; egli dormiva sulle più morbide piume, come se fosse sulla croce2. Lo tormentavano oltremodo i capricci, e le infedeltà della sua Terenzia, la quale sebbene fosse da lui amata colla maggior tenerezza (a segno tale che, come dice Seneca, tornò con essa a congiungersi mille volte in matrimonio), pure lo ripudiava ogni giorno ad effetto di meglio darsi bel tempo con

  1. ib.
  2. Senec. de provid. c. 5. Feticiorem ergo tu Maecenatem putas, cui amoribus anxio, et morosae uxoris quotidiana repudia deflenti per symphoniarum cantum ex longinqu bene resonantium quaeritur? Mero se licet sopiat, et aquarum fragoribus avocet, et mille voluptatibus mentem anxiam fallat: tam vigilabit in pluma, quam in cruce.