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in più luoghi sopra i gastighi dei Crapuloni, che si vantavano di non aver mai veduto nascere il Sole, e di goder la vita come di volo. Ciò, dice Plinio1, ha prodotto il pallore, le guancie cascanti, le infiammazioni degli occhi, il tremolio delle membra, i sogni spaventosi, e come ispirati dalle Furie, le notturne inquietudini, la totale dimenticanza di ogni cosa, e i medesimi innaturali appetiti, che si riguardano come le maggiori ricompense della crapula. — In queste doglianze si accordano tutti i Poeti satirici dei due primi Secoli. Da che altro provengono, dice Giovenale, le frequenti morti improvvise se non dalla follia, con cui i Crapuloni discendono a corpo pieno nei loro bagni caldi?2 Tu sai, dice il Mercurio di Luciano a Caronte3, che gli Antichi scendevano

  1. XIV 22.
  2. I 142. et seq.

    Poena tamen presens cum tu deponis amictus
         turgidus, et crudum pavonem in balnea portas. —
         Hinc subitae mortes, atque intestata senectus,
         e Pers. III. v. 98. e seg.
    Turgidus hic epulis, atque albo ventre lavatur
         gutture sulfureas tanto exhalante Mephites.
         Sed tremor inter vina subit calidnmque trientem
         Excutit, e manibus: dentes orepuere retecti.
         Uncta cadunt laxis tuno pulmentaria labris.
         Hinc tuba, candelac: tandemque beatulus alto
         Compositus lecto, crassisque lutatus amomis
         In portam rigidos calces extendit. ec.

  3. I. p. 342. 343. Edit. Reitzii.