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delle Truppe nella così detta Germania bassa. Quivi Vitellio colle sue maniere popolari si conciliò in breve tempo l’animo dei gregarj soldati, conforme per l’innanzi ottenuto aveva quello degli Imperatori1, e le Legioni accolsero un tal mostro divoratore come un dono degli Dei, poiché lo credevano generoso, e condiscendente. Vitellio incontrò ben presto un fine degno del viver suo; imperocché fu così vilipeso, e maltrattato nell’atto medesimo, in cui spirava, che il deforme aspetto della sua morte estinse perfino in ogni animo qualunque sentimento di compassione2. Nel mentre adunque che la rovina pendeva già sul suo capo egli se ne stava qual pingue giumento sdrajato al rezzo del suo giardino, e prendevasi così poco affanno del futuro come del passato, che a null’altro pensava che al bastante suo nutrimento3. Non sarebbesi quindi dovuto mai

  1. Svet. c. 7. e Tac. I. c.
  2. „ Vinctae pone tergum manus: laniata veste foedum spectaculum ducebatur, multis increpantibus, nullo illacrymante. Deformitas exitus misericordiam abstulerat. Tac. Hist. III. 85.
  3. „ Ib. III. 36. at Vitellius — curis luxum obtendebat: non parare arma, non alloquio exercitioque militem firmare, non in ore vulgi agere: sed umbraculis hortorum abditus, ut ignavia n animalia quibus si cibum suggeras, jacent, torpentque, praeterita instantia, futura, pari oblivione transmiserat.