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46 Antonio Olivieri


Inutile ripetere i particolari di questa fase, che comunque termina a Vercelli, a Novara e ad Asti tra la fine del secondo e gli inizi del terzo decennio del XII secolo. Poi la situazione cambiò e cambiò secondo una dinamica molto chiara nel caso di Vercelli e Asti, e quindi della moneta pavese, in modo meno chiaro nel caso di Novara, e quindi della moneta milanese. Riprendo brevemente i termini della questione, ricordando che ad Asti la «media moneta denariorum Papiensium» o anche, come è detta in un caso, «mediana moneta de albis denariis» attestata tra 1123 e 1138 va distinta sia dai denari battuti sin verso la fine dell’XI secolo sia dagli scadenti denari bruni battuti, secondo Caffaro, a partire dal 1115. La circostanza che la designazione in questione sia comparsa quando già i denari minori bruni pavesi erano in circolazione da alcuni anni è importante: i denari bruni minori sono la faccia nascosta della circolazione monetaria astigiana, insieme forse con i residui denari forti dell’XI secolo. La media moneta resiste con pieno successo, dominando la sfera degli scambi economici documentati dai notai come moto di reazione alle tendenze al deprezzamento che investono il mercato monetario. Le evidenze offerte dalle fonti vercellesi e casalesi sono meglio articolate rispetto a quelle astigiane ma hanno un significato simile: i «denarii novi Papienses» sono attestati dal 1100 sino al 1118, poi a partire dalla fine di quest’ultimo anno e fino al 1131 (con una occorrenza isolata a Casale nel 1147) la nomenclatura cambia e gli stessi denarii novi appena visti cominciano a essere etichettati come «denarii novi albi Papienses»: si ha nel Vercellese lo stesso meccanismo di resistenza o recupero già visto all’opera ad Asti. Bisogna però aggiungere che, mentre ad Asti il limite cronologico basso di adozione dell’etichetta media moneta (1138) è dovuto alla successiva nascita e affermazione della moneta comunale astigiana, a Vercelli l’estinzione dopo il 1131 della qualificazione, per così dire, cromatica della moneta segna un semplice ritorno alla nomenclatura del periodo precedente (1100-1118) o anche al semplice riferimento ai «denarii boni Papienses». Segno, a mio parere, che dopo la reazione dei notai alla diffusione della scadente coniazione pavese inaugurata nel 1115 (anche nel Vercellese faccia nascosta della circolazione monetaria), il costante limitarsi di quest’ultima all’ambito degli scambi non documentati rese superflua la designazione speciale introdotta nel 1118.

Le questioni legate agli usi terminologici relativi alla moneta milanese a Novara e altrove appaiono a prima vista meno chiare, soprattutto per la comparsa partire dal 1122 (e a Biella negli anni quaranta) della definizione «denarii veteres Mediolaneses». Essa potebbe far pensare a un ritorno o a una persistente fedeltà al vecchio denaro milanese dell’XI secolo, e così in effetti è stata interpretata1. Tuttavia la successione e la cronologia relativa del rinnovo delle designazioni del denaro milanese a Novara e nel suo territorio appaiono in accordo con quelle viste per il denaro pavese. L’adozione tra

  1. B. Biondelli, Prefazione a F. e E. Gnecchi, Le monete di Milano, Milano 1884, pp. L-LII; Capobianchi, Il denaro pavese cit., pp. 31 sg.