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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 45

trano negli anni trenta e quaranta). Per la seconda metà del secolo le testimonianze più significative sono ancora una volta quelle conservate negli archivi degli enti ecclesiastici della diocesi di Novara, tra i quali spicca la canonica cattedrale di Santa Maria. Esse consentono di individuare una netta prevalenza del denaro milanese nei circuiti monetari locali, prevalenza appena insidiata ai margini occidentali della diocesi dalla moneta pavese, che doveva invece prevalere nel Vercellese. Al limite occidentale dell’area qui studiata, nella porzione settentrionale della grande marca torinese, la situazione della circolazione monetaria nell’ultimo trentennio del secolo presenta novità gravide di futuro: il denaro pavese (attestato anche a Ivrea negli anni novanta) comincia a essere documentato, a partire dal 1079, proprio nel momento in cui comincia ad affacciarsi in territorio cisalpino una moneta “feudale” francese, genere sconosciuto in Italia, dove – come si è appena visto e fatta salva l’eccezione che si vedrà, che riguarda proprio l’ambito geografico e istituzionale di cui si sta ora parlando – la moneta publica battuta dalle zecche imperiali manteneva saldo il monopolio delle emissioni monetarie1. Della moneta pittavina, attestata una prima volta nell’alta valle di Susa nel 1075, due documenti del 1088 e 1096 dichiararono un rapporto con la moneta pavese in ragione di due contro uno.

La concorrenza tra le due monete negli ultimi decenni dell’XI secolo nel territorio che va da Torino all’alta valle di Susa non è il primo caso di «circulation concomitante d’espèces différentes» che si incontra nelle fonti qui prese in esame: nella prima metà del secolo una tale concomitanza è ben attestata nel Novarese. La differenza rispetto al caso di cui ora si discute sta nel fatto che il rapporto tra il denaro milanese e il denaro pavese nell’XI secolo non è ben conosciuto2. Il caso del Piemonte occidentale nei decenni in esame è interessante anche perché la concorrenza tra le due specie si configura come un caso di resistenza, in un territorio dato, di una moneta “forte” di fronte alla forza di penetrazione di una moneta più debole. Quest’ultima, come si è visto nel quinto paragrafo, avrebbe avuto la meglio all’alba del nuovo secolo, quando in buona parte della restante area subregionale che si è studiata la moneta argentea battuta a Pavia e a Milano nell’XI secolo sarebbe stata sostituita come termine di riferimento dalle più deboli emissioni inaugurate dalle stesse zecche all’inizio del secolo successivo, conservando il rapporto di due denari nuovi per uno vecchio che si è visto valido per il pittavino rispetto al pavese3.


  1. Cfr. sopra, nota 3 e testo relativo In particolare per la comparazione con la situazione francese Toubert, Il sistema curtense cit., pp. 50 sg.; cfr. anche Cipolla, Le avventure della lira cit., pp. 21 sg.; F. Panvini Rosati, La monetazione comunale in Italia, ora in Monete e medaglie. Scritti di F. Panvini Rosati, II, Roma 2004 (Supplemento al n. 37.2 del «Bollettino di numismatica») (edizione originale Bologna 1963), pp. 63-71.
  2. Cfr. tuttavia sopra, nota 26.
  3. Cfr. Capobianchi, Il denaro pavese cit.; Cipolla, Le avventure della lira cit., pp. 23 sg.