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44 Antonio Olivieri

nendo un drastico indebolimento del denaro d’argento, che dovette risolversi nell’introduzione nelle correnti del traffico monetario di circolanti nuovi anche sotto il profilo dell’aspetto esteriore1. A tale innovazione successe in breve volgere d’anni una ulteriore fase di mutamento che terminò poi, sul finire del periodo qui considerato, con l’evento della definitiva rottura del monopolio delle zecche di tradizione imperiale operata da alcuni comuni cittadini di grande vivacità economica e da qualche signore territoriale.

Anche se le questioni di geografia monetaria costituiscono parte assai rilevante di questo contributo, qui non mi soffermerò su esse. Tuttavia prima di proseguire occorre ribadire che l’esistenza incontestabile, entro l’ambito territoriale oggetto di questa ricerca, di aree monetarie definite non dà mai luogo a divisioni rigide, a confini impermeabili. Si possono anzi individuare fasce marginali e zone di passaggio nelle quali si riconoscono situazioni di grande fluidità nella circolazione monetaria, dove la concorrenza quasi paritaria tra specie provenienti da officine monetarie diverse sembra un dato strutturale: è il caso del Canavese da Ivrea a Saluggia (quest’ultima sulla Dora Baltea, non lontano dalla sua confluenza con il Po), della zona contermine del lago di Viverone e, poco più a nord, del Biellese e di quella parte settentrionale della pianura vercellese che si estende a est sino al Sesia e quindi alla fascia confinaria che da nord, tra Rado e Ghemme, scende a sud sino a Borgo Vercelli, tutti luoghi già menzionati.

Torno alle fasi della circolazione monetaria individuate nei capoversi iniziali di questo paragrafo. Nella prima metà dell’XI secolo i segni di disallineamento tra i denari pavesi e milanesi, le uniche monete attestate in questo periodo2, si colgono soltanto in modo episodico, legati come sono non al continuum documentario costituito dalla serie delle carte conservate negli archivi dei maggiori enti ecclesiastici, ma alla formazione di addensamenti documentari circoscritti che costituiscono il precipitato delle attività di individui e gruppi di varia ma sicura eminenza: il vescovo di Novara Pietro e lo iudex Gisulfo suo fratello in due documenti del 1014; il vescovo di Asti Alrico in due carte del 1029; i membri della famiglia dei figli del fu Restonus, attivi nel traffico finanziario novarese tra 1016 e 1049, in un nutrito manipolo di documenti (le menzioni di moneta etichettata, pavese e milanese, si concen-

    zo di terreni presumibilmente della stessa qualità. A quest’ultimo proposito sono fondamentali le riflessioni che da diversi anni a questa parte va proponendo, tra gli altri, Laurent Feller: mi limito a citare qui L. Feller, A. Gramain et F. Weber, La fortune de Karol. Marché de la terre et liens personnels dans les Abruzzes au haut Moyen Âge, Rome 2005 (Collection de l’École Française de Rome, 347); L. Feller, Enrichissement, accumulation et circulation des biens. Quelques problèmes liés au marché de la terre, in Le marché de la terre au moyen âge, a cura di L. Feller e C. Wickham, Rome 2005 (Collection de l’École française de Rome, 350), pp. 3-28.

  1. Come aveva già ben visto Vincenzo Capobianchi già alla fine dell’Ottocento: Capobianchi, Il denaro pavese cit. Fondamentale ora Matzke, Vom Ottolinus zum Grossus cit., pp. 148 sgg.; si veda anche Matzke, La monetazione in Monferrato cit. (nota 35).
  2. Cfr. sopra, nota 26. In realtà, come è noto, la perdita di allineamento riguardò le emissioni di tutte le zecche italiane: cfr. il lavoro di Roberto Lopez citato alla nota 163; Herlihy, Treasure Hoards cit.; Cipolla, Le avventure della lira cit., pp. 17 sgg.; Rovelli, Il denaro di Pavia cit.