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42 Antonio Olivieri

moneta di conto dominante nella zona di Viverone era quindi quella detta pittavina. Quando però nella complessa questione dell’acquisizione dei diritti signorili di Oddo da parte dei canonici intervenne il giovane comune di Vercelli, che evidentemente poteva vantare una notevole capacità di intervento sulla zona, il denaro pagato dai canonici fu denominato in modo diverso: i consoli della città di Vercelli «pro communi utilitate suprascripte civitatis» concessero in beneficio ai canonici eusebiani le tre parti del castello di Viverone che erano state un tempo di Oddo, promettendo di garantire ai canonici l’esercizio dei loro diritti feudali sotto pena di quaranta lire di buoni denari pavesi e ricevendo per l’investitura ventidue lire e mezzo computate nella stessa moneta «datas in debito suprascripte civitatis»1.

Insomma Vercelli, come si è già visto, era parte stabile della sfera monetaria pavese, anche se la capacità dei canonici eusebiani di negoziare facendo ricorso a una pluralità di denominazioni monetarie diverse deve indurre il ricercatore, che oltrettutto dispone di una documentazione per diversi aspetti non particolarmente soddisfacente, a non sopravvalutare il fattore geografico. Le fonti notarili, del resto, offrono qualche avviso: nel dicembre del 1150 Olrico e Gualfredo detti de Albano acquistarono case e terre poste «in territorio huius civitatis Vercellarum, iuxta pascarium Sancti Eusebii» per tre lire e mezza «argentis denarios bonos Pictavensium»2.


7. Considerazioni finali

La lettura dei lunghi paragrafi che precedono reca un contributo alla conoscenza e alla comprensione di vicende che, nonostante una tradizione plurisecolare di studi, non sono sufficientemente note e sulle quali probabilmente non si raggiungerà mai un livello di informazione soddisfacente. Questo vale più per l’XI secolo3 che per i decenni di passaggio tra l’XI e il

    Vuiberto iterò la rinunzia l’anno successivo, con una carta promissionis che fa esplicito riferimento alla donazione che Oddo aveva fatto ai canonici, ricevendo questa volta quindici lire di moneta pittavina: BSSS 70, pp. 171 sg., doc. 137 (8 aprile 1148, «in porticu ecclesie Sancti Eusebii»).

  1. Ovvero per sanare parte del debito del comune: BSSS 70, pp. 172 sg., doc. 138 (17 maggio 1149, «in contione ante ecclesiam Sancte Marie coram omni populo») (= BSSS 8, pp. 17 sg., doc. 6, altro esemplare del medesimo doc.). Nello stesso giorno i consoli di Vercelli vendettero agli stessi canonici tutto ciò, recita il testo, «quod habemus in villa Veuroni a parte condam Odonis de Veurono pro comuni huius civitatis» per quindici lire pavesi: BSSS 8, pp. 16 sg., doc. 5. Cfr. P. Grillo, Il comune di Vercelli nel secolo XII: dalle origini alla lega lombarda, in Vercelli nel secolo XII cit., pp. 171-173. L’uso, a questa altezza cronologica, dell’espressione debitum civitatis è interessante: cfr., per i debiti contratti dal comune di Pisa in periodo consolare, C. Violante, Le origini del debito pubblico e lo sviluppo costituzionale del Comune, in C. Violante, Economia società istituzioni a Pisa nel Medioevo. Saggi e ricerche, Bari 1980, pp. 67-100 (il saggio comprende una appendice documentaria a cura di M.L. Ceccarelli Lemut).
  2. BSSS 70, pp. 181 sg., doc. 146 («in suprascripta civitate in curia suprascripti Gualfredi»).
  3. Si vedano tuttavia, a correzione delle note affermazioni di Toubert, Il sistema curtense cit., pp. 41-63 − in particolare pp. 49 sg., dove si descrive la tendenza di fondo al deprezzamento del dena-

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>