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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 35

vendita alla chiesa di Sant’Eusebio di Vercelli del gennaio 1126 di beni in Masserano, nella zona collinare ad est di Biella, al prezzo di due lire, tredici soldi e quattro nummos di moneta di Milano («denarios bonos Mediolanensis monetae»)1. Bisogna poi attendere sino agli anni quaranta per avere qualche altro dato. Si tratta di sole due carte, nelle quali si vede ancora usata come standard la moneta milanese, ora però etichettata come vetus, in analogia con le attestazioni novaresi, che però datano a partire dagli anni venti. Una delle due testimonianze2 ora citate è di un certo rilievo: un gruppo di uomini, probabilmente imparentati tra loro, rinunziarono in favore della collegiata di Santo Stefano di Biella alle loro rivendicazioni sulla chiesa di Sant’Eusebio di Biella, che insisteva sul territorio pievanale di Santo Stefano, e su certi beni terrieri che le appartenevano, ricevendone in cambio altri; si riservarono però sulla chiesa e beni cui rinunziavano un fitto annuale di due soldi «Mediolanensium veterum», che i canonici di Santo Stefano avrebbero dovuto loro pagare, una albergaria annuale e uno fodro regale di quattro soldi in moneta milanese. In caso di rottura dell’accordo gli uomini avrebbero dovuto pagare a Santo Stefano venti lire di denari vecchi di conio milanese3. Tra i testimoni alcuni o almeno uno di Novara, due o uno di Milano4.

Quest’ultima annotazione relativa ai testimoni costituisce un indizio ulteriore a supporto di quella che, dato lo stato delle fonti, resta poco più che una impressione: quella di una esposizione del territorio biellese alle influenze, che non furono forse solo monetarie, di ambiti territoriali nei quali circolava la moneta milanese, l’area novarese quindi o forse ancor più l’area milanese. Negli anni successivi la documentazione biellese, a parte una attestazione isolata ma rilevante di presenza di moneta pavese5, continua ad attestare il prevalere dello standard monetario milanese, ma le testimonianze a disposizione continuano a essere numericamente scarse: una vendita del 1167, una del 1170, un altro documento del 1171, uno del 1172 e un altro dello stesso anno in cui la moneta citata è l’imperiale6.

  1. BSSS 70, pp. 107 sg., doc. 90 («intus castro Pino»).
  2. L’altra è BSSS 103, pp. 10-12, doc. 7 (17 aprile 1141, «in loco Quiregna»): i coniugi Vuala e Icisla vendono a Donzello e suo figlio un mulino sul torrente Cervo in Biella al prezzo di quattro lire e mezza di moneta milanese veteris.
  3. BSSS 105, pp. 3 sg., doc. 2 (4 dicembre 1147, «in curte predicti Vuidalardi»). Il Vuidalardo della data topica è l’autore principale della refuta: «(...) per lignum et cartam quod manibus suis tenebant Vuidalardus et Rolandus pater et filius et Gonellus filius quondam Maifredi et Ubertus filius quondam item Uberti et Iordanis invicem fratris sui nepotes suprascripti Vuidalardi (...) finem et refutationem fecerunt (...)».
  4. «Signa ma ++++ nuum Uberti Bellati et Mainfredi et Simeonis et Olrici de Novaria et Attonis et Petri de Mediolano. Et interfuere presbiter Bonusiohannes de Buiella et Petrus Descariatus et Simon sotii et fratres predictorum canonicorum».
  5. BSSS 103, pp. 15-17, doc. 10 (26 novembre 1153, «in loco Bugelle»): Pietro detto «de Sandiliano» vende al prete Pietro, massaro di Biella, tutto ciò che ha nel territorio di Chiavazza al prezzo di trentaquattro denari nuovi di Pavia.
  6. Rispettivamente BSSS 103, pp. 20 sgg., docc. 13, 14, 15, 16, 17. Per la moneta detta imperiale si veda innanzi tutto Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer cit., pp. 590 sgg.; cfr. anche Travaini, La moneta milanese tra X e XII secolo cit.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>