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Circolazione monetaria in Italia nord-occidentale: secoli XI-XII 27

pavese1; in una ulteriore vendita del 1134 di un arativo in Quarto al prezzo di quattro lire di denari «mediane monete Papie»2; e infine nell’agosto 1138, a pochi anni dalla coniazione della moneta astigiana, in una «cartulam vendicionis nomine pignoris» fatta da un Pagano a Ricardo Prestafurno di un arativo in Campagna che costituiva, come espressamente si dice, il pegno per una somma di dieci soldi «de albis mediane monete» imprestata per un anno a un tasso mensile dell’1,45% («Lucrum est per mense denarios tres et unum dimidium»)3.

La messe di informazioni su questa mezza moneta (che è insieme, come subito si vedrà, una moneta di mezzo, mediana) non è molta, ma la corretta interpretazione del suo ruolo è assai importante per il contributo che può dare alla comprensione delle dinamiche monetarie nell’area regionale che qui si studia. La sua circolazione ad Asti nel quindicennio in cui è attestata va naturalmente vista nel contesto delle conoscenze consolidate sul corso del denaro pavese tra la fine del XI e i primi decenni del secolo successivo, caratterizzato, come si è già visto nell’introduzione, da un processo di erosione del valore unitario del denaro scandito in due diverse fasi: l’emissione della «nova moneta brunitorum» posta da Caffaro nel 1102, in realtà da anticipare di un paio d’anni, e la successiva emissione dell’«alia moneta minorum brunitorum» nel 11154 La «media moneta Papie» delle fonti astigiane è una moneta che va distinta sia dalla moneta pavese battuta sino alla fine dell’XI secolo, dal valore all’incirca doppio, sia dallo scadente denaro coniato nel 1115, che sembra avesse circa un terzo del valore del denaro pavese della fine del secolo precedente5: era insomma, come si è già accennato, insieme una mezza moneta e una moneta di mezzo. Ne deriva la semplice constatazione che, proprio come nel Novarese non è mai menzionato in modo diretto il danaro “nuovo” di Milano opposto al “vecchio” documentato a partire dal 11226, così ad Asti mai è documentata in modo diretto la moneta battuta a Pavia a partire dal 1115. A questa è legata un’osservazione più importante: la circolazione della moneta media ad Asti costituisce una reazione alla tendenza al deprezzamento della moneta basata su quel meccanismo di recupero che

Pierre Toubert individuò sulla scia di alcune osservazioni di Philip Grierson7:

  1. BSSS 37, pp. 11 sg., doc. 9.
  2. BSSS 37, p. 13, doc. 11.
  3. BSSS 37, p. 14, doc. 12 (9 agosto 1138, «Aste»). Formule conclusive: «Terminus est usque in uno anno, tali modo si soluerit termino vel infra capsetur hec cartula. Si non soluerit abeat robus. Pena res in duplum et solidos XX».
  4. Cfr. sopra, note 9-10 e testo corrispondente.
  5. . Si veda Capobianchi, Il denaro pavese e il suo corso cit., pp. 27-29, 33 cui era ben nota – anche sulla scorta di C. Brambilla, Le monete di Pavia, Pavia 1883, p. 231 − la particolare nomenclatura astigiana.
  6. Si veda sopra il testo compreso tra le note 73-79.
  7. Toubert, Les structures du Latium médieval cit., p. 557; Ph. Grierson, La moneta veneziana nell’economia mediterranea del Trecento e Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Venezia 1957, pp. 77-97 poi in Ph. Grierson, Later medieval numismatics (11th-16th centuries), London 1979, n. XII.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>