Pagina:Storia della circolazione monetaria secolo XI-XII.djvu/23

22 Antonio Olivieri


In una investitura dell’ottobre 1109, il primo documento in cui viene menzionata la moneta milanese dopo un silenzio di quasi un quindicennio1, alcuni beni comperati per la canonica dell’isola di San Giulio d’Orta al prezzo di nove lire di denari milanesi vennero riconcessi al venditore per un canone annuale misto in denaro e in natura: la porzione in denaro del canone venne fissata in «solidos tres et denarios duos (…) bonorum Mediolanensium denariorum de denariis brunis»2. Attestazioni di questo stesso genere si trovano in pochi documenti distribuiti nell’arco di appena un decennio3 nei quali i denari bruni vengono menzionati come moneta che stabilisce l’ammontare dei canoni per remunerare concessioni fondiarie o delle pene pecuniarie da pagare in caso di rottura dei termini di accordi4. L’innovazione nella nomenclatura segnala in modo inequivoco che a quest’altezza cronologica nel terri-

  1. La precedente attestazione di pagamenti da effettuarsi in moneta milanese si trova in una investitura del novembre 1096 (BSSS 77/2, pp. 39 sg., doc. 23, cfr. sopra, nota 62 e testo corrispondente). Un simile iato documentario ricorre anche nella documentazioni astigiana (otto documenti tra 1100 e 1117) e vercellese (otto documenti tra 1100 e 1113): cfr. i paragrafi 2 e 4.
  2. BSS 180/1, pp. 58-60, doc. 34 («in civitate Novarie, ad casa abitacionis Roglerii filii quondam Lamberti»).
  3. Canoni: BSSS 79, pp. 183 sg., doc. 295 (15 febbraio 1116): Longobardus e Ota donano un arativo di due pertiche in Pagliate riprendendolo in censo sino al loro decesso per un canone annuo di dodici «denarios brunos Mediolanenses»; BSSS 79, pp. 192-194, doc. 302 (13 dicembre 1118, «in Novaria» «in civitate Novarie ad casam abitacionis Boniiohannis filius Merundoli»): canone annuo di dodici denari bruni di Milano. Penale: BSSS 79, pp. 188 sg., doc. 299 (7 gennaio 1118, «in civitate Novaria, ante portam Grausi de archidiacono»): l’accordo di vicinato stipulato tra Otto de Olevalis e Otto de Macia – i cui sedimi, siti in Novara nei pressi di una chiesa intitolata a San Maurizio, confinavano – prevede una pena in caso di violazione di tre lire «bonorum Mediolanensium denariorum brunium», mentre per l’investitura parte dello stesso accordo vennero pagate «libras tres et dimidia» non meglio specificate. Cfr. A. Haverkamp, Herrschaftsformen der Frühstaufer in Reichsitalien, II, Stuttgart 1971 (Monographien zur Geschichte des Mittelalters, 1), p. 588 nota 129.
  4. Come si accennava sopra, nota 68 e testo corrispondente, in altri documenti coevi il numerario è ricordato mediante formule del tutto generiche. In altri casi viene menzionata la consueta moneta milanese senza altre specificazioni, talvolta anche quando le funzioni che il denaro ha nel contesto negoziale sono del tutto simili alle funzioni che ha nei documenti in cui sono attestati i denari bruni: si veda per esempio BSSS 79, pp. 179 sg., doc. 291 del 1112; pp. 195 sg., doc. 304 del 1119. Ricordo anche il caso della clausola penale di una permuta dell’anno 1113, stabilita in dieci lire di denari milanesi: BSSS 79, pp. 180 sg., doc. 292. In altre testimonianze invece i denari di conio milanese vengono menzionati come prezzo all’atto delle definizione del contratto: nel 1114 Boso, abate del monastero di San Giusto di Susa, investì un Uberto figlio di Leo e i suoi eredi di beni posti in Oleggio e Parrucearia, al prezzo fissato in sei lire di buoni denari milanesi una tantum e per un censo annuo di un denaro «monete per ipsam terram currentis legitime» e una candela (BSSS 79, pp. 182 sg., doc. 294). Cfr. anche BSSS 79, pp. 185 sgg., docc. 297, 309, 312, 317 degli anni 1116-1130. Per un caso assai particolare, che meriterebbe un’analisi puntuale, si veda BSSS 79, pp. 219 sg., n. 325 (20 settembre 1137, «in civitate Novarie in camera domini Litefredi Novariensis episcopi»), relativo alla vendita da parte di un pupillo, assistito dal suo tutore e da un cugino e autorizzato dal vescovo Litefredo nel ruolo di pars publica, di beni fondiari per saldare debiti del padre defunto, tra cui «duodecim solidi et dimidium starri», dove si rinviene un probabile, interessante ma isolatissimo, accenno a una obbligazione contratta nei confronti di prestatori ebrei (si veda la voce starrum in C. Du Cange, Glossarium mediae et infimae latinitatis, editio nova, VII, Niort 1886, p. 585): i riferimenti al denaro ricevuto sono quindi privi di qualsiasi notazione di provenienza e conio mentre nella clausola penale la somma stabilita come sanzione è di dieci lire di denari milanesi.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>