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16 Antonio Olivieri

piuttosto isolate dai punti di vista cronologico e tipologico rispetto agli altri documenti. Entrambe riguardano prestazioni unilaterali future di denaro.

La prima, rogata in Novara nel gennaio del 1014, coinvolge un importante personaggio pavese, lo iudex Gisulfo «filius bone memorie Leoni qui et Tezo» e fratello del vescovo di Novara Pietro1: Gisulfo dichiarò che il diacono della chiesa novarese Taleso gli aveva quel giorno stesso venduto mediante «cartulam vendicionis et pro accepto precio argentum denarios bonos Papiensis libras treginta et sex» metà delle case e dei beni «tam infra castra Caltenia[ca] quamque et foris in predicto loco et fundo Calteniaca vel in eius territorio». Si trattava in realtà, come chiarisce bene il testo del documento, di un prestito su pegno fondiario: la cartula promissionis di cui ci si occupa è caratterizzata da una grande precisione nella determinazione della somma di denaro, della scadenza per la riconsegna del denaro stesso («in mense iulii isto prossimo veniente qui venit de ac indicione duodecima aut si antea potueritis»), del luogo in cui deve avvenire la restituzione («dati ipsi denarii in civitate Papia a casa abitacionis mee qui supra Gisulfi iudex»), dei tempi e delle modalità di annullamento della carta di vendita («et cum ipsi denarii aput nos recepti abuerimus, tunc ibi loci vobis eadem cartam vemdicionis quas tu ut supra odie in me de predictis rebus emixisti capsata et taliata dare et redtere debeamus ut in se postea nullum obtineat roborem»). Si tratta di caratteri che si andranno diffondendo a Novara e altrove, nei documenti recanti indicazioni specifiche relative al numerario dato o preteso in cambio di altra prestazione, solo parecchi decenni più avanti, verso la fine dell’XI ma soprattutto nel secolo successivo2.

Gisulfo aveva effettuato un prestito su pegno fondiario per la somma di trentasei lire di denari d’argento pavesi. Nel giugno dello stesso 1014 un gruppo di una novantina di persone donò alla chiesa di San Gaudenzio di Novara i sedimi su cui erano edificate le loro abitazioni (poste in Cameri, non lonta-

    soltanto G. Andenna, Le pievi della diocesi di Novara, in Le istituzioni ecclesiastiche della «Societas cristiana» dei secoli XI e XII. Diocesi, pievi e parrocchie, Atti della sesta Settimana internazionale di studio (Milano, 1-7 settembre 1974), Milano 1977, pp. 487-516 e G. Andenna, La funzione della pieve nella campagna novarese, in Novara e la sua terra nei secoli XI e XII. Storia documenti architettura, a cura di M.L. Gavazzoli Tomea, Milano 1980, pp. 15-29.

    BSSS 78, pp. 229 sg., doc. 138 («civitate Novaria»); pp. 230-234, doc. 139 («in suprascripto loco Camari»).

  1. Anche lui appunto «filius quondam Leoni qui et Teuzoni»: BSSS 78, pp. 223 sg., doc. 134; p. 225, doc. 134. Cfr. H. Keller, Signori e vassalli nell’Italia delle città (secoli IX-XII), Torino 1995 (ed. or. Tübingen 1979), pp. 230 sgg., p. 258 nota 98.
  2. Occorre anche notare che la struttura della cartula di Gisulfo è analoga, se non identica, a quella di certe cartule ordinacionis, assai diffuse nell’Italia nord-occidentale tra X e XI secolo e il cui sottofondo creditizio è da ritenere certo, in cui un chierico, spesso un prete, dichiara di avere acquistato degli immobili per cartulam vendicionis et pro accepto precio da determinate persone, dichiarando quindi che, per non lasciare i suoi beni privi di eredi designati, li destina ai venditori stessi o a loro congiunti ed eredi sotto specifiche condizioni. Su di esse aveva attirato l’attenzione Cinzio Violante: C. Violante, Per lo studio dei prestiti dissimulati in territorio milanese (Secoli X-XI), in Studi in onore di Amintore Fanfani, I, Antichità e alto medioevo, Milano 1962, pp. 643-735; C. Violante, Les prêts sur gage foncier dans la vie économique et sociale de Milan au XIe siècle, in «Cahiers de civilisation médiévale», 5 (1962), pp. 147-168, 437-459.

Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>