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libro secondo | 93 |
questi messi transalpini ad esempio de’ loro padroni solevano insaccare, visitando l’Italia. A rinfrescarne la memoria, protestava, che non sarebbesi arreso alle loro preghiere neppur per cento marche. Non ebbe le marche, ed andò tutto cruccioso a prendere un’altro regalo che gli tenevano in serbo i Milanesi.
L’appresentarsi di un ambasciadore tedesco che recava comandamenti di un Re non ancor coronato in Italia; che veniva a bandir leggi in quello di che era più gelosa Milano, dico della sua signoria, era un tentar gli animi già usi a libertà. Sicherio se ne accorse al primo entrar che fece nel territorio Milanese; la plebaglia, che forse sapeva chi fosse, ed a che venisse, gli si mise appresso beffandolo e sghignazzando alla sua maniera. In Milano alcuni nobili gli fecero onoranze: ma il sangue già era ito alla testa del Tedesco. Andava dicendo: Nella voce del popolo si conosce la mente dello stato popolare. Entrato nel consiglio della città, che si componeva anche di persone popolane, cominciò con molta alterigia a notificare la regia ambasciata, profferendo le lettere. Alla qual vista divamparono gli animi d’incredibile sdegno: le strapparono dalle sue mani, e gittatele per terra, le calpestarono co’ regi suggelli. E tanto fu l’impeto degli adirati Milanesi, che il Legato fu ad un pelo ad essere ucciso. La notte se ne andò di soppiatto: passò per Lodi, indi si ridusse in Germania a narrare a Federigo che cosa fosse Milano. Il Barbarossa andò tutto in furore; ma nel fondo dell’anima gli covava un gran piacere nel vedersi innanzi un bel destro di scendere in Italia colle armi in pugno1.
La fama di queste cose si sparse assai presto per le città di Lombardia. L’insulto arrecato al Legato Sicherio non lasciava dubbio su la calata de’ Tedeschi, e su la vendetta che avrebbero preso de’ Milanesi. La qual cosa come le rallegrava per la certezza di vedere umiliata la potente Milano,
- ↑ Otto Morena p. 965.