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libro primo | 87 |
mare di dolore su questi bestiali furori, con cui si laceravano le italiane Repubbliche: ma pure un certo bene si cavò da tanto male, dico la esperienza delle cose guerresche, la virtù militare esercitata ed accresciuta, e quella attitudine a rannodar leghe tra molte città. Le quali cose come pestilenziali tornavano al paese per la malizia dello scopo, salutifere sarebbero addivenute per la onestà del medesimo.
1152. Così calda di sdegni la Lombardia, saliva al trono di Germania Federigo Barbarossa in Francforte. Era stata Germania molto e lungamente agitata da due potentissime famiglie, dei Weibling e de’ Welf di Altdorfio, italianamente detti Ghibellini e Guelfi: quelli gelosi, come usi alla dignità imperiale; questi ambiziosi nello stato loro ducale. Era stato umiliato Arrigo il Superbo capo della gente Guelfa: poi questa risorse, e stavasene assai minacciosa a petto dell’altra, quando venne a morte Corrado III Re di Germania. Lasciava un sol figliuolo in tenera età: lo confortavano i cortigiani a farlo nominar Re de’ Romani e suo successore. Non volle; e antiponendo l’amor del regno a quello del figlio, si pose a confortar gli elettori, perchè gli dessero a successore un suo nipote, Federigo di nome. Questi maturo di anni, meglio del figlio fanciullo poteva governare, e poteva condurre a concordia le nimiche famiglie Guelfa e Ghibellina: imperocchè in lui si univa il sangue di entrambe, essendo nato da Federigo il Guercio Conte di Ghibelinga e Duca di Svevia, e da Giuditta figliuola di Arrigo il Superbo di casa Guelfa. Se ne morì Corrado con questa generosa provvidenza; e gli elettori assembrati a Francforte gridarono Re di Germania quel Federigo che aveva voluto, addì 4 di Marzo dell’anno 1152.
Chi fosse costui e nella mente e nel corpo lasciò scritto con molti particolari Radevico Canonico di Frisinga:1 al quale terrem dietro con molta cautela, e perchè ci si para
- ↑ Lib. 2. cap. 76. S. R. I. tom. 6. p. 855.