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libro secondo 83

reggono meglio de’ piccoli nelle grandi fortune. Maggior danno derivava la discordia sulle altre Città Lombarde.

Intanto Roma era tutta in massimo scompiglio, poichè il popolo non voleva più sapere di Papa, agognando anche a Repubblica. Arnaldo da Brescia aveva seminata la zizzania contro le ricchezze ed il dominio chericale; i Pierleoni e i Frangipani imbaldanzivano. Per la qual cosa in Roma gli affari si cozzavano per impeto di contradizione: non volevasi il Papato, bramavasi un Imperadore, ma da coronarsi dal Senato; e si sognava Repubblica, non quella dei Lombardi vivificata dallo spirito cristiano per l’adesione al Papato, ma quella già spenta dalla materia del paganesimo.

Alle spalle di Roma il terribile Ruggiero II ad esempio de’ primi Normanni, dopo le ostilità erasi inchinato innanzi ad Innocenzo II, ed aveva ricevuto l’investitura del reame col gonfalone. Ciò a santificare il diritto: a raffermare il fatto, non guardò a mezzi; adoperò anche quelli della ferocia. Per cui le famiglie degli antichi principati Longobardi ed i grandi baroni non sempre quietavano: spesso si agitavano, ed o a Roma gelosa della Monarchia Normanna, o agl’Imperadori si volgevano. La spedizione nelle Puglie di Lotario era fresca. Dalle quali cose chiaro appare come nel cominciamento di una morale gioventù si levavano i popoli su di un principio di vita attivo in Lombardia, passivo nel reame di Sicilia, falso in Roma. Tutti volevan vivere, ma tutti difettavano della virtù morale che li preservasse dalla morte, dico dell’unità: e nella monarchia Normanna, in Roma papale e nelle Repubbliche il grido d’indipendenza si confondeva con quello del servaggio, invocando la pestifera unità materiale dell’Impero Romano-germano: ed i Baroni ribelli, gli Arnaldiani Romani, le città impotenti a mani giunte provocavano l’avvento di un Imperadore.

Fra le città Lombarde che si reggevano a comune al sorgere del XII secolo le potentissime erano Pavia e Milano, le quali come da picciolo tratto di paese divise, gelosissime