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chirli andavano soffiando nel fuoco delle discordie comunali.

Queste dal tempo di Arrigo IV fino al Barbarossa furiosamente si esercitarono; e quanto sangue si versasse, quante devastazioni patisse la patria per mano de’ proprî figli, io non dirò; poichè io tolsi a narrare non del vizio della italiana individualità nella ebbrezza della vita, ma della virtù sua nella coscienza della medesima. Corrado II solo degl’Imperadori non vide l’Italia: per quindici anni non si videro Tedeschi. Il qual tempo come sarebbe stato prezioso a raffermare le repubbliche per la ordinazione di una morale unità; così fu pestilenziale per la sfrenatezza delle guerre municipali, alle quali si gittavano i Lombardi più sicuri, perchè non rattenuti dalle consuete calate dell’Imperadore. Anche i popoli hanno una vita come quella dell’uomo; e perciò è pur necessaria ad essi l’infanzia e la baldezza giovanile, senza la quale non matura il frutto della virilità. Il regno degli Arrighi IV e V, di Lotario doveva bastare alle giovanili licenze; i quindici anni di Corrado dovevano consegrarsi a canonizzare l’acquisto della libertà. Ma una repubblica non riputava, come dissi, supremo bene civile l’aggrandire, supremo male il perdere la signoria: il bene era tutto nella libertà, il male nella perdita di questa, perciò poco curavano cadere in soggezione di altra repubblica, rimanendo libere. Il giogo imperiale era il vero nemico. Perciò fino a che questo non minacciò il loro collo, non vennero iniziati alla religione della sventura, e non appresero i documenti della virilità. Non sono gli anni, ma l’esperienza che segna i periodi della umana vita: così anche de’ popoli. Avevano però gl’Italiani la potenza a raggiungere la difficile sapienza di contenersi nei confini della morale unità, senza che avvizzisse il fiore della libertà. Imperocchè se ci appaiono peggio che barbari nelle cruenti ambizioni municipali, erano veramente Romani nella ordinazione delle loro repubbliche: e nel bene delle francate individualità cittadine si chiudeva, come germe, la morale monarchia dell’ordine, su di cui si leva sicuro l’individuo so-