Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
libro primo | 49 |
nava nelle mani de’ Vescovi un’altra potestà, della quale il popolo dapprima non ne fu che elemento, poi partecipe e possessore.
Crescevano i mali: ma procedeva il popolo nella via della futura sua emancipazione. Quel diritto di elezione con tutti i suoi effetti sfiancò i Re; i quali contrastati dagli emuli, o si volgevano per aiuto ai feudatari italiani, o agli stranieri: e nell’uno e nell’altro partito che prendevano, temevano nuovi colpi nel potere. Perchè nel primo insuperbivano i feudatari, nel secondo colle proprie mani si spogliavano della libertà e del potere per farne tributo al chiamato straniero. Guido chiese la corona ai Vescovi, e questi gliela imposero incatenandolo con leggi nell’ufficio: l’empio Berengario volle anche la corona, e si rese vassallo di Arnolfo.
Dalla fine della dinastia de’ Carlovingi fino ad Ottone I i Vescovi compirono l’opera della loro potenza, e perciò indirettamente aiutarono alla futura emancipazione del popolo. Imperocchè non fu mai periodo di tempo, come quello, fecondo di discordie principesche, di pestilenziali chiamate di stranieri potentati. Queste tempeste flagellavano a morte i Principi, e commovevano i popoli. Erano le guerre tra Guido e Berengario, tra Lamberto, Arnolfo e Berengario; il popolo combatteva; i Vescovi, come non eligibili a regia potestà, ingrandivano su i Conti, si facevano temere dai Re, rannodavano il popolo sotto il loro reggimento ecclesiastico, che aveva tanto del democratico.
Berengario I fu il primo che ad accattare il favore di più grosso potentato, si rendesse vassallo del tedesco Arnolfo nel 888, poi fu Berengario II figlio di Adalberto d’Ivrea, che nel 952 stretto dalle armi di Ottone Re di Germania, vendè se stesso ed il reame ad esso Ottone, rendendosi suo vassallo1. E qui incominciano le dolenti note del tedescume