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L’aristocrazia feudale Longobarda, dico quella de’ Duchi, era stata troppo formidabile ai Re presenti, per cui non poteva lasciarsi in piedi da Carlo M. conquistatore dell’Italia. Questi introducendo la feudalità franca, decompose in Contee i grandi Ducati, e quella si compose de’ Conti, de’ Cavalieri franchi lasciati da Carlo a presidiare le città, e dai Vescovi ed Abati. La moltiplicazione de’ poteri come fu consigliata presso i Longobardi dalla costituzione militare del popolo e dalla natura della conquista, presso i Franchi fu consigliata dall’indole della legislazione franca, e dalla lontananza del Principe. Il Re era in Germania, i popoli conquistati in Italia: l’adunamento del potere in questa regione sarebbe stato pericoloso; fu diviso: così tra il popolo ed il Principe stette mediatrice la feudalità. Ma poichè questa poteva anche insidiare al supremo dominio del Principe lontano, Carlo M. non lasciò modo a tenerle ricordato la sua dipendenza da lui con que’ Missi regii, Missi fiscalini, che ad ora ad ora venivano a rivedere le ragioni de’ Conti; i quali spediti sotto il colore di guarentire i suggetti, tenevano in vita l’immediata giurisdizione del Re, e rinfrescavano l’idea della indivisibile monarchia. Più permanenti in questa maniera di ufficio furono i Conti Palatini, residenti in Pavia, i quali tenevano le veci del Re nel giudizio delle cause, che da quello de’ Conti si recavano al suo tribunale, donde non poteva appellarsi ad altro. Questi erano mezzi che trovava il Franco nella economia degli uffiziali. Ma uno più permanente a tenere in rispetto i Conti, fu la feudalità chericale.

Le chiese sotto la dominazione franca crebbero molto in ricchezze ed in potenza; quelle per la pietà de’ fedeli, e per quella coscienza che ebbero i Carlovingi della stabilità dei loro troni sul fondamento della Chiesa; questa pel privilegio delle immunità. I Vescovi e gli Abati furono sottratti dalla giurisdizione de’ Conti: ed erano ben pochi i casi, in cui il Conte poteva dar giudizio sul vassallo di una chiesa. Dippiù: la ferrea legge militare, per cui ogni uomo libero era