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libro primo | 33 |
avevano chiesto di aiuto l’Imperadore Greco, e non l’ebbero mai. Fallito il più gran debito del principato, cioè quello della pubblica tutela, a buon diritto quelli si tennero per francati dalla dominazione imperiale. Roma ed il suo Ducato era la sola regione non ancor venuta in balia dei Barbari; ed in questa i Papi ed i Romani rinchiusero colla loro libertà una rinascente signoria. Roma incominciò per questo ad essere non più provincia di Bizanzio, ma indipendente e quasi sede di novella dominazione; ed avvegnachè questa fosse tutta nel compreso di poco paese, bastava a far rinverdire con qualche ragion di fatto quella idea di R. Impero, e rannodarlo a quello di Augusto. Il Papa, dissi, essere stato a que’ tempi l’unico magistrato, che nella sua persona reverenda pel pontificale ufficio aveva una moral forza a resistere a’ Longobardi; e solo dispensatore, perchè Romano, del Romano Imperio; perciò Roma col suo Ducato tenevasi come cosa del Papa: consentivano i Romani.
Minacciava Astolfo Longobardo ingoiare quello stato; Papa Stefano II trasse in suo aiuto Pipino Re di Francia; il quale, ridotto in ufficio il Longobardo presso Pavia, gli tolse l’Esarcato di Ravenna e la Pentapoli, e ne fece dono a S. Pietro. Costantino Copronimo pur troppo erasi profferito al Francese di fornirgli le spese della guerra, ove avesse voluto tornare in sua balia l’Esarcato: ma Pipino voleva con quella pietosa oblazione gittare le fondamenta della propria potenza; ed il Papa non il Greco avevalo chiamato in aiuto a contenere Astolfo. Adunque si dilatava la temporale signoria dei Papi e di Roma: ed ove questi avessero avuto più tardi onde ristorare Carlo Magno delle spese della guerra contra Desiderio, e potuto infrenare la sua ambizione, tutta Italia da Longobarda che era, sarebbe divenuta papale. Ma i Franchi volevano ad un tempo soccorrere il Papa, ed acquistare la più bella signoria del mondo.
Tolto di mezzo alle italiane cose il Greco Imperadore, l’idea dell’Impero ognor più si rendeva visibile in Roma pel